L’idea di violare un vincolo di legge l’ha a lungo angosciato. Se però Piero Fassino, decidendo di fare uscire Torino dal patto di stabilità, definendolo «stupido e cieco», sperava di attirare l’attenzione e indurre il governo a esporsi, può dire di esserci riuscito.
Il sindaco di Torino ieri aveva l’aria di chi, pur avendo preso una decisione dolorosa, che ha creato non pochi malumori anche in seno alla maggioranza che lo sostiene, era convinto di aver fatto l’unica cosa possibile. E di aver contribuito a sollevare una questione non più rinviabile: «Abbiamo posto un problema vero, sentito da tutti. Certo, avrei preferito aprire la discussione sulla revisione del patto senza doverlo sforare. Però ci sono circostanze in cui servono scelte forti». E dopo l’affondo di Torino il dibattito si è aperto eccome: da una parte i sindaci di tutta Italia, in blocco contro le norme capestro che strangolano le città e le imprese; dall’altra mezzo governo impegnato a confermare che nei prossimi mesi le regole verranno riviste. Anche nei colloqui che Fassino ieri ha avuto con il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, quello per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà, sarebbe arrivata la rassicurazione che l’esecutivo presto metterà mano alle regole. «Autorevoli esponenti del governo hanno riconosciuto che il problema di una revisione dei meccanismi che regolano il patto esiste», conferma Fassino, «e si sono detti d’accordo sulla necessità di discutere al più presto delle modifiche da apportare».
Agli annunci, stavolta, sembrano davvero destinati a seguire i fatti, non fosse altro perché sulla scia di Fassino si sono mossi non pochi sindaci e altri si muoveranno nei prossimi giorni. Piercarlo Fabbio, primo cittadino di Alessandria, la terza città del Piemonte, ha già annunciato lo sforamento del vincolo di stabilità sull’onda di quanto deciso da Torino, anche se sul sindaco alessandrino pesa l’avviso di garanzia recapitato qualche giorno fa proprio per presunte irregolarità nel bilancio consuntivo del 2010, alterato, secondo la Procura, proprio per rispettare i parametri del patto.
Quasi tutte le grandi città ieri si sono accodate al grido di dolore lanciato da Torino. «Fassino ha assolutamente ragione», spiega il sindaco di Genova Marta Vincenzi. «È una fortissima richiesta che viene da tutti, una battaglia comune portata avanti dall’Anci. Spero che il governo possa in qualche modo recepirla, anche se è molto difficile». A Roma, Gianni Alemanno si dice fiducioso in una revisione delle regole: «Entro l’anno prossimo deve essere completata la trattativa sul patto di stabilità, così da avere dei vincoli più larghi che ci permettano di proseguire tutti i cantieri che sono in corso».
Come Torino, che ha sborsato 450 milioni per pagare imprese e fornitori, anche Roma ha scelto di rispettare tutti gli impegni. «Abbiamo sostenuto e pagato con circa 345 milioni di euro tutte le opere pubbliche in scadenza», annuncia Alemanno. «Faremo di tutto per garantire che i cantieri vadano avanti. Guai a fermarli. Troveremo le risorse e il modo per farlo, ma se il patto di stabilità verrà rivisto, sarà più facile».
La determinazione dei sindaci, confortata dagli impegni del governo, si trova però a fare i conti con un quadro generale complicato, in cui i margini di manovra non sembrano illimitati. Anche tra chi è fortemente convinto che il sistema vada rivisto, prevale la cautela. Non a caso Milano ha deciso di rispettare i vincoli a tutti i costi, riuscendoci grazie alla contestata vendita di una parte delle azioni della Sea, operazione molto contestata, chiusa nelle scorse settimane. Il sindaco Giuliano Pisapia si dice «convinto di aver fatto la scelta più saggia». Non sembra fidarsi: «Fassino crede in un possibile cambiamento legislativo. Io rispetto molto la sua idea, ma allo stato dei fatti la legge è questa e non si sa se in futuro cambierà».
Lastampa.it – 31 dicembre 2011