Invade il mercato sotto forma di prodotti industriali di bassa qualità e intacca il nostro stile alimentare tradizionale, fondato sulla dieta mediterranea e promotore di buona salute. Contro il junk-food si schiera naturalmente anche Carlo Petrini.
Ma per arginarne il consumo il fondatore di Slow Food punterebbe più su una buona educazione alimentare che non su una tassa. In Italia non manca certo il buon cibo? D a dove nasce il fenomeno del junk-food? «Nel nostro paese si assiste a un fenomeno schizofrenico. Da un lato prestiamo un’attenzione esasperata a cibi che vengono considerati—con un’enfasi forse eccessiva — toccasana contro malattie e invecchiamento. Dall’altro lasciamo la porta aperta a quelle produzioni di bassa qualità chevengono defi n ite junk- food».
Qual è la sua definizione di junk-food? «Nessuno ha una definizione precisa e non so comefaràil ministro adefiniredei parametri oggettivi. Anche perché, se andrà avanti con il suo progetto, si troverà a resistere alle pressioni fortissime che eserciteranno alcuni potentati dell’industria alimentare. Laddove mi sento più sicuro invece è nel tracciare un sentiero verso la corretta alimentazione.
Basta seguire la saggezza dei vecchi, diversificando e affidandosi ai produttori locali, di cui possiamo controllare il modo di coltivare. La conoscenza diretta è sempre una delle migliori garanzie». L’uso dei junk-food sembra particolarmente diffuso tra le giovani generazioni. Questo vuol dire che sarà probabilmente destinato ad aumentare in futuro. «Per contrastare questa tendenza però non credo che una tassa sul cibo spazzatura sia lo strumento giusto. Preferirei una buona educazione alimentare, affidata non solo alle famiglie ma anche alle scuole. Occorre mettere i giovani di fronte ai problemi che alcuni comportamenti alimentari scorretti possono provocare sulla loro salute futura».
repubblica.it – 31 dicembre 2011