In vista della soppressione dell’Inpdap, preoccupazione fra i lavoratori. Alcuni rischiano la mobilità. «Le funzioni passano all’Inps, e noi da gennaio saremo al lavoro senza poterlo svolgere»
Una schiera di dipendenti costretti a lavorare nella terra di nessuno, e una serie di servizi per il welfare nel mondo pubblico che non saranno più garantiti, dopo la soppressione radicale dell’Inpdap. È l’effetto della riforma del governo Monti che, almeno per i prossimi 11 mesi e fino a quando non sarà stabilito con decreti definitivi cosa ne sarà dell’istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica, costringerà i 62 lavoratori dell’ente veronese (insieme ai 6300 nazionali) a lavorare da fantasmi per fornire prestazioni sempre più incerte grazie a quella che viene considerata «la scellerata politica dei tagli lineari».
«I tagli lineari non hanno tenuto conto di questioni logistiche e della professionalità di ciascuno», dice Nicoletta Spataro, dipendente dell’Inpdap di Verona. «Con la fine dell’anno l’istituto cessa di esistere e tutte le erogazioni saranno transitate all’Inps, ma non abbiamo informazioni su come avverrà il processo. Dal prossimo gennaio saremo al lavoro senza poterlo svolgere».
Le prestazioni obbligatorie, come il pagamento di pensioni e di buonuscite, saranno garantite, ma a saltare saranno determinati servizi come la compilazione del 730, le varie forme di credito, oltre agli assegni di studio, i master post universitari e una lunga serie di proposte per gli iscritti.
Servizi che a Verona interessano 37mila pensionati (sui 100mila totali) e 16mila dipendenti di stato ed enti locali tra medici, militari e magistrati che, per avere determinati benefici su cui ora non ci sono più garanzie (visto che l’Inps si appoggia ai patronati), rinunciano allo 0,35 per cento della loro busta paga.
Dove andranno questi soldi non è ancora chiaro, ma la creazione di «un nuovo centro di potere (Super Inps) che gestirà un enorme flusso di contante e che magari in un prossimo futuro verrà svenduto a una cordata di banche», di certo preoccupa. Una situazione di transizione piena di incertezze, che se lascia con il fiato sospeso sulle mansioni future la maggior parte dei dipendenti, per il 10 per cento di loro (a Verona 7 o 8) significherà l’immediata mobilità biennale, dato il rischio concreto di non essere accorpati all’Inps come avverrà per i colleghi.
Si tratta di personale considerato in esubero (nonostante il sottorganico più volte denunciato), un tempo addetto alla custodia e poi, con la vendita degli immobili Inpdap, assorbito in ruoli amministrativi. «Ci siamo specializzati con concorsi interni che non si sa se saranno riconosciuti», dice per tutti Antonietta Boccadoro. «Siamo la testa di ariete di come sarà affrontata la riforma: eliminando teste». «Non quelle dei dirigenti», sottolinea Roberto Pianigiani delle Rsu Inpdap, «ma di chi prende a mala pena mille euro al mese».
L’Arena – 22 dicembre 2011