Nelle intenzioni di chi l’ha scritto, era un tetto alle retribuzioni degli alti vertici pubblici; a leggerlo, sembra una spada di Damocle su milioni di stipendi pubblici. È l’articolo 23-ter della manovra
Spuntato nel frenetico lavorio in commissione, secondo il quale il presidente del Consiglio, entro 90 giorni con decreto, fissa «il trattamento economico annuo omnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni», nell’ambito del settore statale. In quel «chiunque», però, accanto a qualche papavero della burocrazia, c’è più di un milione di persone: docenti universitari, magistrati, ma anche insegnanti, bidelli, uscieri.
Possibile che Palazzo Chigi possa rimettere mano a milioni di stipendi, in barba ai contratti? Il testo, in realtà, pare sfuggito da una penna che pensava a un problema più ristretto, legato in particolare ai doppi e tripli incarichi che gonfiano le entrate di alcuni dirigenti pubblici, e a certificare l’errore dovrebbe intervenire oggi un ordine del giorno a firma di Linda Lanzillotta (Api). 16 dicembre 2011