Un teste ammette: “Quando avevo bisogno andavo lì senza niente e facevano tutto loro”. Dopo questa testimonianza si complica la situazione processuale degli imputati.
Contraddizioni e smentite anche da due altri allevatori, una madre con il figlio
Testi reticenti, che non ricordano, che si contraddicono. L’ultimo, sotto la pressione delle domande del giudice Fabrizio Caccioppoli, alla fine crolla e dice quello che forse non doveva dire. Colpo di scena stamattina in udienza per il processo a Cuneo a carico di due veterinari che per l’accusa avrebbero redatto false ricette di farmaci di uso veterinario che in realtà non sarebbero mai stati acquistati, o almeno solo alcuni di essi sarebbero veramente serviti per curare animali malati.
Le indagini erano partite a seguito delle segnalazioni degli ispettori dell Asl di Cuneo nel 2008, che durante alcune ispezioni presso alcuna allevamenti del cuneese, alcuni piccoli, altri di grandi dimensioni, alla richiesta di esibire i farmaci prescritti, si erano visti rispondere che in azienda non c’erano e che nessun animale aveva subito dei trattamenti farmacologici in tempi recenti. In altri casi, ne erano state realmente acquistate solo piccole quantità.
I farmaci prescritti farebbero tutti riferimento ad una sola ditta di commercio all’ingrosso di Cuneo, la Agricolfarma, e da un controllo del magazzino era emerso che ci sarebbero stati circa 500 farmaci in più di quelli che sarebbero dovuti risultare.
Il primo allevatore ascoltato come teste ha raccontato che era stato lo stesso titolare dell’Agricolfarma, uno dei due imputati, a dirglielo che li da loro c era un veterinario, l’altro imputato, sempre disponibile. Questo stesso veterinario che il teste non aveva quasi mai visto nel suo allevamento, ma che gli prescriveva i farmaci per i suoi animali. Ed era la stessa Agricolfarma che conservava il registro dei trattamenti, che invece dovrebbe essere tenuto presso la stalla per certificare i trattamenti farmacologici ai quali sono stati sottoposti gli animali.
Un veterinario, che arriva da Genova e che non visita gli animali ma scrive le ricette, veterinari del posto che al contrario li curano ma non prescrivono farmaci, fatture pagate senza neppure essere state lette. Contraddizioni e smentite con quanto dichiarato alla Polizia giudiziaria. Gli altri due testi, madre e figlio titolari di un allevamento di Peveragno , dopo tanti “non so, non ricordo” alla fine hanno ammesso più cose di quante probabilmente avessero intenzione di dire.
Ma e stato l ultimo allevatore sentito questa mattina, a lasciarsi sfuggire alcune frasi che nel processo peseranno come macigni. Il teste, proprietario di un allevamento piuttosto grande di Cervere, ha spiegato che le ricette le preparava il veterinario imputato, che in allevamento non aveva mai visto, e che i farmaci li comprava alla Agricolfarma “perché a loro faceva comodo cosi”.
Si recava quindi a ritirarli, senza la ricetta perche gliela consegnavano li sul momento e pagava la fattura che qualche volta comprendeva l’indicazione anche di medicinali che lui non aveva comprato. Il registro delle somministrazioni era compilato dai due imputati e le fatture le pagava spesso senza neanche vederle, perché dall’Agricolfarma finivano direttamente alla Coldiretti, presso i quali era tenuta la sua contabilita.
A seguito di simili dichiarazioni, mentre gli imputati lo gelavano con lo sguardo, la difesa ha cercato di spostare il tiro, domandandogli se avesse subito pressioni da qualcuno, anche da parte degli ispettori dell ASL. “No”, è stata la risposta del teste. Che quindi lasciava l’aula bianco come un lenzuolo.
Prossima udienza a gennaio.
11 novembre 2011