Quale che sia la nuova misura previdenziale decisa da Bossi e Berlusconi nelle concitate ore di trattativa che hanno preceduto il Consiglio europeo di ieri, vale ricordare che l’ascensore automatico che aumenterà gradualmente l’età di pensionamento è già partito.
I due motori che lo spingono sono la «finestra unica» e l’«adeguamento automatico» dei requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici in relazione alla speranza di vita accertata dall’Istat. Due misure varate nel 2010 (legge 122) e in parte corrette quest’anno (legge 111).
Con la prima norma si garantisce un posticipo di 12 mesi (18 per i lavoratori autonomi) per tutti i tipi pensionamento; una misura che molti lavoratori che hanno già maturato i limiti di età o di «quota» stanno già sperimentando quotidianamente. Con la seconda si inserisce, a partire dal 2013, l’aggancio del momento del ritiro effettivo all’aspettativa di vita accertata dall’Istat, e che in prima applicazione equivarà a un ulteriore posticipo di tre mesi.
Vale dire subito che l’adeguamento all’aspettativa di vita, aggiornato ogni tre anni, non sarà oggetto di trattativa politica o sindacale. Sarà effettuato con un decreto direttoriale del ministero dell’Economia, di concerto con il ministero del Lavoro, da emanare almeno 12 mesi prima la data prevista. Il che vuol dire che entro fine dicembre 2011 dovrà essere confermato il primo gradino di tre mesi che scatta nel 2013. E il primo decreto sarà scritto sulla base del dato Istat relativo alla variazione, nel triennio precedente, della speranza di vita all’età di 65 anni in riferimento alla media della popolazione italiana. La legge, in prima approssimazione, prevede che gli scalini dovrebbero essere di 4 mesi ogni triennio dal 2016 al 2030 e di altri tre mesi ogni triennio dal 2013 al 2050, con il risultato cumulato che nel 2049 l’aumento complessivo sarà pari a 3 anni e 8 mesi. Ancora, L’adeguamento riguarderà tutti, anche le donne già investite dall’aumento dell’età pensionabile, i lavoratori esposti ad attività usuranti, il personale militare e del comparto sicurezza, tranne i lavoratori che al compimento dell’età pensionabile «perderanno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa».
Con questo ascensore in movimento, per fare un paio di esempi, il requisito per il pensionamento di vecchiaia di un lavoratore dipendente maschio, nel 2021, sarà di 65 anni e undici mesi, cui si deve aggiungere la finestra mobile di dodici mesi. Totale: 67 anni. Una donna, sempre lavoratrice dipendente, nello stesso anno matura il requisito per la vecchiaia a 63 anni e otto mesi, che con la finestra mobile diventano 64 anni e otto mesi. Nello stesso anno un lavoratore autonomo matura il requisito a 67 anni e 5 mesi (62 anni e 8 mesi se donna), cui va aggiunta una finestra mobile di 18 mesi.
Naturalmente l’ascensore lavora anche per le pensioni di anzianità, ma spinge meno in alto. Nel 2022, per esempio, con 35 anni di contributi versati si potrà acquisire il diritto alla pensione anticipata con 62 anni e tre mesi (o quota 98 più 3 mesi) se si è lavoratori dipendenti, mentre serviranno 63 anni e 3 mesi se si è autonomi. Anche in questo caso bisogna aggiungere la finestra unica. Insomma senza cambiare la legge siamo già in corsa verso le pensioni a 67 e stiamo davanti a paesi come la Germania o la Spagna, che dovrebbero arrivarci tra il 2027 e il 2029. Resta da battere il Giappone, dove già oggi si va in pensione a 70 anni
ilsole24ore.com – 27 ottobre 2011