La storia I beagle spediti da cuccioli dal Bresciano alle case farmaceutiche.
Due milioni di clic sul sito del comitato di protesta, una plateale manifestazione avvenuta sabato e la solidarietà di un ministro per tentare di interrompere l’attività dell’allevamento di cani «Green Hill» di Montichiari, azienda che per sua stessa ammissione fornisce animali destinati esclusivamente a laboratori scientifici. Ma la «Green Hill», anche dopo l’ennesimo controllo effettuato una decina di giorni fa è risultata perfettamente rispondente ai canoni imposti dalla legge e continuerà ad allevare «in batteria», nel chiuso dei capannoni, cani di razza beagle, i più resistenti ai test di laboratorio. Sabato scorso gli anti-vivisezionisti hanno assediato la sede di via San Zeno della «Green Hill»: cinque manifestanti sono riusciti ad arrampicarsi sul tetto di una palazzina e lì hanno trascorso la notte, sfidando i divieti della Questura e la sorveglianza del sito. «Questo lager deve chiudere e il nostro scopo è stato raggiunto — proclamano i rappresentanti del comitato «Fermare Green Hill» dopo la notte all’addiaccio — perché abbiamo riportato l’attenzione dell’opinione pubblica sul caso». Difficile dar loro torto, visto che il sito del comitato ha collezionato milioni di visite, ma senza risultati concreti. O meglio, un punto a favore l’hanno segnato. Il ministro Michela Vittoria Brambilla, paladina dei diritti degli animali, ha postato sulla sua pagina di Facebook un messaggio esplicito: «Esprimo apprezzamento e gratitudine per il grande impegno dimostrato in difesa di queste creature innocenti. È una vergogna che un Paese civile ospiti un allevamento di cani destinati alla vivisezione, pratica che non è più possibile in alcun modo tollerare». E una scelta di campo non nuova nel centrodestra (a inizio estate anche Renzo Bossi presentò alla Regione Lombardia un’interrogazione sul caso Green Hill) ma che dato il peso del personaggio non rimarrà senza seguito. Che dentro il recinto di via San Zeno non vivano cuccioli destinati a tenere compagnia a famiglie o a scorazzare per parchi e giardini è la stessa Green Hill ad ammetterlo: «Alleviamo animali ad esclusivo uso bio medicale — sono le parole testuali che giungono dalla sede di Montichiari — e spediamo cani in tutto il mondo. Le contestazioni? Siamo indignati, tutto qua dentro è in regola:
il nostro allevamento risponde ai criteri di una legge dello Stato del ’92 che a sua volta è figlia di una direttiva europea». Lì dentro oltre 2.000 beagle vengono tenuti in recinti sterili, sottoposti solo a luce artificiale e temperatura costante senza mai uscire all’aperto: le bestiole non vengono mai a contatto tra loro perché devono essere consegnate dopo pochi mesi di vita alle case farmaceutiche in perfetta salute. Proprietaria del complesso è la multinazionale Marshall che oltre a quello italiano ha solo altri tre allevamenti in tutto il pianeta (nessuno dei quali di cani). «Ancora pochi giorni fa — racconta Elena Zanola, sindaco di Montichiari — ho mandato i miei vigili per un sopralluogo; non c’era uno spillo fuori posto. Volete la mia opinione? Ho un cucciolo in casa e inorridisco al pensiero della vivisezione ma di fronte alla legge sono disarmata: tocca ai nostri legislatori farsi sentire perché io non ho poteri per fermare quell’attività. Ho ricevuto anche i comitati: uno di questi, il più numeroso, è certamente mosso da propositi civili. L’altro, quello che nei giorni scorsi ha occupato il tetto mi è parso composto da persone che hanno solo smania di mettersi in mostra. Per giunta se ne sono andati da Montichiari dopo aver imbrattato muri e strade con scritte e simboli anarchici».
Corriere della Sera di martedì 18 ottobre 2011