Tre interventi strutturali nel progetto delle imprese per piegare una spesa previdenziale che, dal 2010 al 2013, è destinata a crescere di circa 33 miliardi. Il piano proposto dalle imprese spazia dall’aumento dei requisiti d’età al superamento delle pensioni di anzianità per arrivare all’abrogazione dei regimi speciali.
Una ricetta fortissima che, se applicata nei tempi stretti proposti, può garantire un risparmio complessivo di circa 2,9 miliardi nel 2013 e di 18 miliardi nel 2019 per il solo «sistema Inps», che rappresenta circa l’80% della spesa previdenziale.
Si parte con la pensione di vecchiaia delle lavoratrici del settore privato: il requisito anagrafico dovrebbe passare a 65 anni dal gennaio prossimo, in linea con quanto è già previsto per le dipendenti pubbliche. Per il superamento dell’attuale sistema delle pensioni di anzianità si propone poi un mix di interventi: viene introdotta una forchetta di età di pensionamento flessibile (che era già prevista nel regime contributivo) e si consente il pensionamento anticipato (rispetto ai 65 anni) ma solo con una correzione attuariale delle prestazioni commisurata agli anni di anticipo. Per chi raggiunge i 40 anni di contributi si prevede un regime transitorio di 4 anni per la «valorizzazione dei versamenti»; ma in ogni caso la pensione di anzianità non potrebbe più essere pagata prima dei 62 anni.
Altra novità riguarda il meccanismo di aggancio automatico dell’età di pensionamento all’aumento della speranza di vita: viene anticipato al 2012, prima di quanto prevede la legge attuale. Uno slittamento che non tocca il meccanismo dei coefficienti di trasformazione, aspetto che forse meriterebbe una considerazione in più. Prevista infine l’abrogazione di tutti i regimi speciali previsti dall’Inps e dagli altri enti previdenziali, sempre a partire dal 2012. Qui non c’è un dettaglio delle voci interessate ma si sottolinea l’esigenza di «eliminare privilegi che non trovano alcuna giustificazione». I nuovi interventi sulle pensioni presentate dalle imprese s’inseriscono in un capitolo che tocca il tema più ampio della spesa pubblica, che al netto degli interessi negli ultimi dieci anni è continuata a crescere, fino a toccare il 46,7% del Pil. Si chiede di procedere con estremo rigore nell’attuazione della spending review (prevista nel 2012) su tutte le spese delle amministrazioni centrali e si sollecita una maggiore efficienza nella gestione della spesa sanitaria, cresciuta da 67,5 miliardi a 113,5 tra il duemila e il 2010. Infine la spesa per gli acquisti di beni e servizi (va ridotta e resa più trasparente) e i costi della politica: da fare a prescindere dal loro impatto in termini reali: dall’abolizione delle province ai tagli alle indennità dei parlamentari
ilsole24ore.com – 1 ottobre 2011