L’editoriale del direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano. «Il debito totale americano (Stato, imprese, finanza e famiglie) è pari a tre volte e mezzo il prodotto interno lordo».
«La geografia del mondo ha cambiato le sue “capitali” e molti poveri di ieri sono i ricchi di oggi tra contraddizioni, processi democratici incompiuti, grandi squilibri, spirito di sacrificio e voglia di fare. La nuova Bretton Woods non si è vista e la finanza speculativa continua a farla da padrona (come prima, più di prima). In una sola sera, nel luglio del 1790, tre uomini, Alexander Hamilton, da una parte, Thomas Jefferson e James Madison, dall’altra, raggiunsero un compromesso e fecero gli Stati Uniti d’America: una capitale, un esercito, un bilancio statale e buoni del Tesoro. Più di due secoli dopo l’Europa ha fatto l’euro e si è fermata: purtroppo, la cancelliera, Angela Merkel, e il presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, insieme non fanno un Kohl.
Fare pagare alla piccola Italia il conto di tutto ciò è troppo. Abbiamo scritto tante volte che il lavoro e il risparmio degli italiani meritano rispetto. Perché se è vero che la crisi è globale ed esige leader e risposte globali che tardano a venire o non arrivano affatto, è altrettanto vero che come avevamo avvertito (“Guai se l’Italia diventa lo Stato da vendere”, sabato 30 luglio) il primo Paese che rischia ora, dopo la Grecia, è proprio l’Italia e questo avviene per la fragilità della sua coalizione di governo, la catena imbarazzante di scandali che tocca direttamente il presidente del Consiglio, suoi ministri e loro diretti collaboratori, l’incapacità perdurante di assumere decisioni dolorose ma necessarie, un quadro complessivo di decoro violato delle istituzioni. Sentirselo dire da Jacques Attali, davanti al fior fiore degli imprenditori del made in Italy, come è avvenuto ieri a Bologna, garantisco che fa un certo effetto.
La credibilità del Paese, in questo momento, è un bene troppo importante per essere sacrificato sull’altare di qualsiasi calcolo politico o peggio personale, ancorché legittimi. L’interesse generale viene prima di quello individuale (è giusto che sia così) e sottrarre oggi l’Italia dal circuito perverso – default Grecia, sfiducia sull’Italia e sulle banche sue e francesi, sfiducia sull’Europa che fatica a “salvare” l’Italia, le banche e se stessa – è un imperativo categorico.
Il presidente del Consiglio dimostri di amare davvero l’Italia e di avere, di conseguenza, la forza e la volontà di farsi da parte se è costretto (come tutto rende evidente) a prendere atto che non riesce a fare quello che serve. Lo faccia nell’interesse del Paese, si comporti da uomo di Stato e da uomo dell’economia. Dopo la Grecia, Signor Presidente, non ci può essere l’Italia, mai e poi mai, per una volta non si giri dall’altra parte e si ricordi che grandi responsabilità impongono anche grandi sacrifici. Sappiamo che le costerà, ma sappia pure che la storia (dopo questo gesto) saprà fare i conti giusti».
Roberto Napoletano – direttore del Sole 24 Ore – 21 settembre 2011