Enti inutili e consorzi costano più del Parlamento. Una selva di settemila organi collegiali, una foresta pietrificata di sedi: 24mila persone piazzate dalla politica
La Casta di serie B è poco appariscente, quasi sempre anonima, sostanzialmente scialba. Finisce poco o punto sui giornali, non sdottora in tv, non usa macchinoni blu, tutt’al più qualche anonima utilitaria, non ha scorte, non troneggia in uffici grandi come piazze d’armi con le scrivanie di mogano tirate a lucido. Però ci costa molto più dell’altra. Se per mantenere la prima Casta, la Casta per antonomasia degli “eletti”, deputati, senatori, presidenti regionali, consiglieri, sindaci delle grandi città, dobbiamo tirar fuori ogni anno oltre 2 miliardi di euro (calcolo del Sistema informatico sulle operazioni degli enti pubblici-Siope), per l’altra Casta, quella di livello inferiore, il conto è molto più salato, 3 volte tanto, oltre 7 miliardi di euro (calcolo delle stessa fonte). E generalmente in cambio otteniamo poco, molto poco.
La Casta di serie B è una selva di 7mila enti, aziende, consorzi, società, organi collegiali, una specie di foresta pietrificata di sedi, uffici, 24mila consiglieri di amministrazione, presidenti, direttori con stipendi, compensi e spese di rappresentanza per circa 2 miliardi e mezzo di euro all’anno. Gli esperti li chiamano “enti di secondo livello”, cioè di un livello derivato rispetto a quello primario degli eletti, i politici. I rappresentanti degli enti di secondo livello sono nominati, infatti, dai politici e quindi devono tutto a questi ultimi. Rapportato allo schema gerarchico medievale, se i presidenti di regione, sindaci e assessori possono essere considerati i feudatari, gli altri sono i valvassori e i valvassini. Detto in modo più crudo: se i primi ce l’hanno fatta a ottenere un seggio, i secondi spesso sono politici trombati, ai quali viene concesso un contentino e un ripescaggio. Pagato con soldi pubblici, naturalmente. Competenze, merito, professionalità? Non sono escluse a priori, ma non abbondano. Benefici per la collettività? Non sempre certificabili, soprattutto in relazione ai costi. Magari poi qualcuno dirà che nonostante le apparenze questi enti, aziende e consorzi in realtà sono utili, utilissimi e senza la loro presenza crollerebbe mezzo mondo e metterne in discussione l’esistenza e le funzioni è da qualunquisti scriteriati. Ma è difficile, per esempio, riuscire a capire perché accanto a un organismo statale ad hoc per le erogazioni in agricoltura, l’Agea, ente che ha il compito di coordinare e pagare i fondi dell’Unione europea agli agricoltori, poi sono spuntati tanti sotto-enti a livello locale, con le stesse funzioni e lo stesso scopo. Come, per esempio, l’Arsea in Sicilia, l’Arpea in Piemonte, l’Agrea in Emilia-Romagna, l’Artea in Toscana. E via elencando.
Così come non è facile comprendere perché, tanto per fare un altro esempio, la Regione Piemonte che non ha competenze sulle strade avendole trasferite alle Province, poi ha istituito una società apposita per la progettazione delle strade che si chiama Scr. E ancora resta arduo rendersi conto per quale motivo la Regione Lazio abbia promosso una società per incrementare il turismo sulle spiagge, la Litorale Spa, quando già esisteva un’altra agenzia regionale con lo stesso scopo (Agenzia per lo sviluppo del turismo di Roma e del Lazio), più 4 agenzie provinciali per il turismo a Viterbo, Rieti, Frosinone e Latina, più una quinta a Roma.
Cinque anni fa la Regione Sicilia ha istituito una società di promozione del cinema, una specie di Cinecittà isolana, che infatti si chiama Cinesicilia alla quale l’assessorato alla Cultura ha elargito una dote di 2 milioni di euro più royalties tra il 3 e il 5 per cento per ogni progetto avviato. Proprio ora ce n’è uno in corso, “Il giovane Montalbano”, sulla scia della serie famosa di Rai1 con Luca Zingaretti, avviato all’inizio di agosto e coprodotto da Rai-Palomar e Regione Sicilia.
Tutte le Regioni italiane hanno istituito per legge propri enti strumentali con uffici, dipendenti, dirigenti, presidenti etc… Ci sono decine, centinaia di agenzie per il lavoro, lo sviluppo, i rifiuti, il patrimonio, il turismo, la formazione professionale. Nel bilancio della Casta di serie B tutti questi organismi non sono affatto una voce accessoria, anzi, assorbono più della metà delle spese annue, 3,6 miliardi di euro. Però nessuno ci mette il naso, come fossero una specie di manomorta della politica. E come se la Casta di serie B alla fine fosse in realtà di A.
Alcuni di questi enti hanno nomi strambi. Qualche comune mortale sa che cosa sono i Bim o gli Aato o i Cvb? Tradotti significano Bacini imbriferi montani, Ambiti territoriali ottimali acqua/rifiuti, Consorzi per la vigilanza boschiva e anche dopo la traduzione il significato non è che sia tanto più chiaro. I Bim sono 63, con compiti assai generici, come si deduce, per esempio, dallo statuto di quello per il fiume Brenta in cui si parla di “favorire il progresso economico e sociale della popolazione dei Comuni consorziati”. L’anno passato i Bim sono costati 150 milioni di euro anche se secondo la Carta delle Autonomie sarebbero dovuti sparire. Idem le Comunità Montane: ce ne sono ancora 246 nonostante il governo avesse deciso di cancellarle. In attesa del trapasso, abbiamo pagato 800 milioni nel 2010. Idem i 222 Aato (91 per le acque e 131 per i rifiuti). La loro soppressione era sancita dalla manovra finanziaria del governo nel 2010. Poi ci hanno ripensato e con il decreto Milleproroghe la cancellazione è stata rinviata a dicembre 2011. Ci sono costati altri 240 milioni, tanto per gradire.
Il Fatto Quotidiano del 28 agosto 2011