Un mercato in continua espansione, che non risente della crisi, e che offre opportunità di investimenti abbastanza redditizi.
L’elicicoltura, l’allevamento delle lumache di terra, diffuso nel nostro Paese da ormai 35 anni, non arresta la sua tendenza positiva. “In Italia -racconta a LABITALIA Giovanni Avagnina, presidente dell’Associazione nazionale Elicicoltori e dell’Istituto nazionale di elicicoltura- vengono venduti sul mercato e consumati oltre 385.000 quintali di lumache, tra quelle prodotte nel nostro Paese e quante sono invece importate, con certificazione, dall’estero. Se si considera che a un quintale corrispondono circa 10.000 lumache, il conto è presto fatto: si tratta di miliardi di esemplari”. “Il mercato -sottolinea Avagnina- non ha risentito della crisi, non ha avuto decrementi, ma, anzi, è cresciuto così come il numero degli allevamenti. E potrebbe crescere ancora perchè nel nostro Paese ci sono gli spazi necessari e anche il mercato, visto che per soddisfare le richieste importiamo una grande quantità di lumache da altri Paesi”. Un settore, quello dell’elicicoltura, ‘giovane’ e anche per questo con ampi margini di crescita. “Gli allevamenti di lumache in Italia sono nati appena 35 anni fa -spiega Avagnina- prima le chiocciole si raccoglievano nei campi, poi sono arrivate le norme comunitarie che hanno vietato la raccolta libera e quindi le prime aziende”. Una svolta che, spiega Avagnina, ha portato anche una garanzia di qualità del prodotto. “Oggi le lumache che vengono immesse sul mercato -sottolinea- hanno una etichettatura come le vongole e come gli altri molluschi. Così si dà un’indicazione ai consumatori del luogo in cui viene prodota la lumaca e si dà la certezza che non provenga da Paesi extra Ue dove non esistono controlli”. Restano però le eccezioni. “Specie al Sud dove esiste una maggiore tradizione nel consumo di questo mollusco -spiega- e dove i controlli sono meno stringenti, si continuano a raccogliere le lumache nei campi. Lumache che sono ‘abusive’, non controllate e fuori dal mercato regolare”. Mercato regolare che vede, invece, “gli allevamenti un po’ ovunque nel Paese -aggiunge- in modo omogeneo in tutto il Paese, e la regione che ha di più sul suo territorio è la Sicilia seguita dalla Toscana e dal Piemonte”. Imprese che non necessitano di un costo elevato per essere avviate. “Per aprire un allevamento di una dimensione di un ettaro -spiega Avagnina- che può portare a una produzione annua con un fatturato di 55.000 euro, serve un investimento iniziale di 20-22.000 euro”. Investimenti non eccessivi e spazi di mercato che possono essere una spinta quindi alla crescita dell’elicicoltura lungo lo Stivale. “Dal 17 al 19 settembre a Cherasco, in provincia di Cuneo, terremo la quarantesima edizione dell’incontro internazione di elicicoltura -annuncia Avagnina- e in quest’occasione discuteremo della valorizzazione del prodotto, attraverso la certificazione del marchio d’origine che noi chiediamo che diventi obbligatoria e, anche sostenendo la pratica dell’estrazione della bava di lumaca, sempre più utilizzata nei prodotti di bellezza”. E secondo Avagnina, una molla per far crescere il settore sarebbe “la pubblicità, nel nostro comparto non esiste, il consumatore deve andare a ‘cercarsi’ il prodotto e non viceversa”.
LabItalia – 25 agosto 2011