Il gioco non vale la candela. La soppressione delle province piccole e poco popolose (con meno di 300 mila abitanti e una superficie inferiore ai 3.000 km quadrati) e I’accorpamento forzoso dei piccoli comuni sotto i 1.000 abitanti potrebbero produrre costi superiori ai risparmi peraltro non quantificati dal governo.
A puntare il dito contro i tagli ai costi della politica locale contenuti nella manovra di Ferragosto è il servizio studi del senato nel dossier anticipato ieri da ItaliaOggi. I tecnici di palazzo Madama nutrono le stesse perplessità su entrambe le misure. «Gli effetti finanziari positivi», avvertono, «potrebbero essere compensati dal manifestarsi di possibili profili onerosi, in particolare nella fase di transizione». Questo vale soprattutto per l’eliminazione dei 22 (o 28, perché è ancora controverso se la norma taglia province si applichi o meno alle regioni a statuto speciale) enti intermedi a rischio. Ma anche per l’accorpamento dei mini-enti. Sulle province, il servizio studi del senato teme i costi aggiuntivi che potrebbero sorgere «relativamente a una serie di adempimenti di natura straordinaria, connessi al passaggio di funzioni e risorse umane, strumentali e finanziarie dalle province soppresse ai nuovi enti». Stesso discorso per i piccoli comuni. La soppressione delle giunte e dei consigli nei municipi con meno di 1.000 abitanti e l’obbligo di esercitare tutte le funzioni in forma associata mediante la costituzione di un nuovo ente, l’unione municipale, dove i singoli comuni saranno rappresentati solo dal sindaco, rischia di essere un rimedio peggiore del male. Secondo i tecnici del senato ni risparmi potrebbero essere compensati dagli oneri derivanti dall’istituzione delle unioni municipali, dotate di propri organi e deputate ad esercitare le funzioni amministrative dei comuni contermini,. Mentre per i comuni soggetti al patto di stabilità (sopra i 5mila abitanti) i tagli alle poltrone »potrebbero essere non realizzabili, tenuto conto dei vincoli posti dal Patto e della possibilità per gli enti di incrementare in misura corrispondente le rimanenti spese appostate in bilancio». Parole che suonano come musica per le orecchie delle associazioni delle autonomie. Più che mai unite nel chiedere al governo un passo indietro. Anci, Anpci e Upi si avviano a vivere una settimana cruciale per indurre l’esecutivo a un dietrofront che ormai appare praticamente certo, almeno per quanto riguarda i piccoli comuni. Le modifiche sono già pronte. Da ieri pomeriggio sono sul tavolo del ministro per la semplificazione Roberto Calderoli e, secondo quanto risulta a ItaliaOggí, faranno rotta sul miglioramento della gestione dei mini-enti. ‘Abbiamo lavorato anche durante le ferie alla definizione degli emendamenti», ha rivelato il presidente della regione Lazio, Renata Polverini. Basterà a convincere Calderoli? Forse. Anche se il ministro non rinuncerà del tutto ai tagli che considera un fiore all’occhiello da vantare (effettiva utilità a parte) dinanzi all’Ue.
ItaliaOggi 24 agosto 2011