Veneto Lavoro vede il capolinea. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge l’ente regionale sembra destinato a diventare la vittima più illustre della manovra-bis che, ad oggi, chiude a doppia mandata 7 dei 18 enti strumentali che fanno riferimento a palazzo Balbi.
Davanti al plotone d’esecuzione, infatti, anche l’Istituto regionale ville venete (Irvv), l’Agenzia regionale socio sanitaria (Arss) – che pure la Regione aveva già provato a chiudere – gli Esu di Venezia e Verona (salvo invece quello di Padova forte di 251 dipendenti). Niente da fare nemmeno per la Scuola regionale veneta per la sicurezza e la polizia locale e il Centro regionale studi e formazione in materia di Protezione civile di Longarone. Ma è soprattutto con Veneto Lavoro che viene a mancare – tanto più in un periodo di crisi – un sostegno importante all’attività regionale in tema di programmazione, gestione e valutazione delle politiche del lavoro. «Questi sono gli enti più probabili ma non ancora certi ma è una situazione ancora in divenire» commenta l’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti, alle prese a tempo pieno con le ricadute venete della manovra ferragostana «Al momento stiamo facendo anche un lavoro interpretativo per capire bene le prescrizioni del provvedimento. Martedì abbiamo appuntamento a Roma con gli assessori delle altre Regioni, proprio per confrontarci sull’applicazione». Il dubbio che si pone riguarda la natura dei contratti. Ovvero se per la sopravvivenza degli enti strumentali, il tetto di 70 dipendenti debba essere calcolato sui tempi indeterminati o se possano essere compresi anche i tempi determinati. Ovviamente, l’orientamento prevalente è il primo: diversamente, la stragrande maggioranza degli enti, non solo veneti, sarebbe salvo. Ecco invece che Veneto Lavoro, con i suoi 54 contratti a tempo indeterminato rientra perfettamente nella categoria che, ad oggi, risulta da sopprimere. La prospettiva, per questi lavoratori, è quella di essere assorbiti dalla Direzione regionale del lavoro dove l’attività di monitoraggio dovrà essere riorganizzata ex novo. «Abbiamo interessato anche l’ufficio legale per non commettere errori» precisa Ciambetti «Certo è assurdo porre limiti articolandoli in questo modo poiché si finisce per penalizzare molte realtà virtuose. Bisognava analizzare volumi ed enti con un criterio diverso, andando a colpire le realtà che nel corso degli anni hanno assunto in modo allegro. Vorrei vedere se l’ente analogo a Veneto Lavoro in Sicilia ha un numero così esiguo di dipendenti, o se la loro Scuola di polizia locale ne ha «uno e mezzo» come noi, altrettanto attivo». Nessuno scossone invece, al momento, sul fronte delle società dove la Regione procede autonomamente sulla strada della razionalizzazione già tracciata.
Il Mattino di Padova – 19 agosto 2011