Condanne erariali per danni derivanti da qualsiasi reato anche in assenza di condanne irreversibili
La Corte dei conti può condannare per danno all’immagine della p.a. derivante a qualsiasi reato anche in assenza di sentenza di condanna irreversibile. È questa la conclusione a cui è pervenuta la Corte dei conti, sez. giur. della Toscana, con la sentenza n. 277 del 2 agosto 2011. Il danno all’immagine della p.a. è stato ed è tuttora al centro di un vivace dibattito giurisprudenziale e dottrinale. Oggi sembra prevalente l’opinione per cui il danno all’immagine della p.a. è costituito dalla lesione all’immagine, intesa come credibilità e prestigio, conseguente a fatti lesivi produttivi della lesione stessa; da non confondersi con le spese necessarie al ripristino dell’immagine stessa che costituiscono solo uno dei possibili parametri della quantificazione equitativa del risarcimento. Negli ultimi anni la Corte dei conti aveva progressivamente esteso la propria azione contestando il danno all’immagine della p.a. non solo in caso di delitti contro la p.a. ma anche in presenza di reati comuni e di illeciti amministrativi o disciplinari. Il legislatore è intervenuto stabilendo, con l’art. 17, comma 30-ter, del di 78/2009, che le procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti dall’art. 7 della legge 97/2001 il quale a sua volta prevede che la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti di dipendenti pubblici (o assimilati) per i delitti contro la p.a. è comunicata al procuratore regionale della corte dei conti affinché promuova l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale salvo quanto disposto dall’art. 129 delle norme di attuazione del cpp secondo cui, tra l’altro, quando esercita l’azione penale pez un reato che ha cagionato un danno per l’erario il pm informa il procuratore presso la Corte dei conti dando notizia dell’imputazione. Dopo l’entrata in vigore de] dl 78/2009, si erano formati sui tema sostanzialmente tre diversi orientamenti secondo i quali la tutela del danno all’immaginE della p.a. sussiste: 1) solo a seguito di reati contro la p.a e non per tutti i reati o per fatti illeciti che non costituiscono reato: 2) in conseguenza di qualsiasi reato dovendo ritenersi esclusa solo in conseguenza di fatti illeciti non costituenti reato; 3) nelle ipotesi indicate al punto 2 con giurisdizione contabile solo in caso di reato contro la p.a. e giurisdizione ordinaria nel caso di diverso reato. Sulla questione è intervenuta anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 355/2010 con la quale, giudicando infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, la stessa ha manifestato la propria adesione alla prima opzione interpretativa.
A tale sentenza, molto criticata in sede dottrinale, in conseguenza della quale non scatterebbe la tutela del danno all’immagine della p.a. in presenza di reati odiosi quali la violenza sessuale o lo spaccio di droga commessi da pubblici ufficiali, si sono allineate molte sezioni regionali della Corte dei conti. La sezione toscana ha invece affermato che la sentenza della Corte costituzionale è una sentenza di rigetto e che sia le sentenze di rigetto che le sentenze interpretative di rigetto non hanno, a differenza di quelle dichiarative di illegittimità costituzionale, efficacia erga omnes in quanto determinano un vincolo solo per il giudice del procedimento nel quale la relativa questione è stata sollevata mentre, negli altri procedimenti, il giudice conserva il potere-dovere di interpretare, in piena autonomia, la norma denunciata sempre che il risultato ermeneutico risulti adeguato ai principi espressi nella Costituzione poiché l’interpretazione fatta propria dalla Corte costituzionale riveste, per il giudice diverso da quello a quo, solo il valore di un precedente autorevole. Partendo da tali considerazioni, a seguito di una capillare disamina della normativa indicata la sezione toscana della Corte dei conti accede alla seconda delle opzioni interpretative indicate e conclude ritenendo che fart. 17 comma 30-ter, va interpretato ne] senso che esso non esclude la tutela del danno all’immagine della p.a. derivante da reato comune anche in assenza di sentenza di condanna irreversibile. Resta da capire se tale pronuncia, peraltro non isolata e corroborata da una rilevante dottrina conforme, avvierà un ripensamento della magistratura contabile. Occorre tuttavia evidenziare che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 219 de] 21 luglio 2011, successiva alla pronuncia della sezione toscana e precedente alla relativa pubblicazione, ha sostanzialmente confermato quanto riportato nella precedente sentenza n. 355/201C aggiungendo che la sentenza di condanna per reati contro la p.a deve acquisire il crisma della delinitività prima che inizi il procedimento per l’accertamento della responsabilità amministrativa derivante dalla lesione dell’immagine della p.a.
Italia Oggi 19 agosto 2011