Imprese, sindacati, artigiani, commercianti, banche, agricoltori: tutti insieme per chiedere “un patto per la crescita”. “Serve discontinuità”. Ma la Uil si dissocia: “Stile doroteo, non ci stiamo”
ROMA – Un appello comune, inedito e dai toni drammatici. Banche, imprese e sindacati (esclusa la Uil) fanno fronte comune e si rivolgono al governo chiedendo un patto per la crescita, per dare un segnale di discontinuità ed evitare che la dinamica dei mercati finanziari porti a una situazione insostenibile per il paese. E’ questo il senso della nota congiunta di Abi, Alleanza cooperative italiane (Confcooperative, Lega cooperative, Agci), Cgil, Cia, Cisl, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confindustria, Teteimprese Italia (Confcommercio, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confesercenti), Ugl e Uil (che poi prenderà le distanze). Tutti uniti davanti ad una crisi economica che non passa e ad una speculazione che non allenta la morsa.
“Guardiamo – si legge nella nota – con preoccupazione al recente andamento dei mercati finanziari. Il mercato non sembra riconoscere la solidità dei fondamentali dell’Italia. Siamo consapevoli che la fase che stiamo attraversando dipende solo in parte dalle condizioni di fondo dell’economia italiana ed è connessa a un problema europeo di fragilità dei paesi periferici. A ciò si aggiungono i problemi di bilancio degli Stati Uniti. Ma queste incertezze dei mercati si traducono per l’Italia nel deciso ampliamento degli spread sui titoli sovrani e nella penalizzazione dei valori di borsa”.
“Ciò – proseguono imprese e sindacati – comporta un elevato onere di finanziamento del debito pubblico ed un aumento del costo del denaro per famiglie ed
imprese. Per evitare che la situazione italiana divenga insostenibile occorre ricreare immediatamente nel nostro Paese condizioni per ripristinare la normalità sui mercati finanziari con un immediato recupero di credibilità nei confronti degli investitori. A tal fine si rende necessario un Patto per la crescita che coinvolga tutte le parti sociali; serve una grande assunzione di responsabilità da parte di tutti ed una discontinuità capace di realizzare un progetto di crescita del Paese in grado di assicurare la sostenibilità del debito e la creazione di nuova occupazione”.
Chi si chiama fuori è la Uil. “Un comunicato che, in altri tempi, si sarebbe definito in puro stile doroteo. Non appartenendo questo stile al nostro patrimonio culturale, in quel comunicato non possiamo riconoscerci”, afferma il segretario generale Luigi Angeletti.
Repubblica.it 27 luglio 2011