Codici bianchi trasformati in verdi («gratis»), che infatti lievitano. La ricetta degli specialisti: «Tassa sugli accessi impropri e controlli sulle esenzioni»
VENEZIA — Mentre i tecnici della Regione si scervellano per trovare i 35 milioni che secondo il governo il Veneto avrebbe dovuto ricavare dall’applicazione del ticket aggiuntivo sui codici bianchi al Pronto soccorso varato dalla manovra Tremonti (25 euro da sommare ai 25 in vigore dal 2007), e mentre il Pdl chiede alla Lega perchè gli immigrati non paghino mai (7 milioni all’anno di costi), si scopre che tale balzello è inutile, perchè già ora è per lo più inapplicato. Lo rivela Claudio Menon, segretario regionale della Simeu ( Società italiana di medicina d’emergenza e urgenza): «Bisogna avere il coraggio di dirlo, questa gabella non serve a niente, visto che quasi nessun medico la impone ai pazienti. Chi ce la fa fare? Ci guadagniamo solo l’odio dell’utente, una scenata in Pronto soccorso e un nuovo reclamo all’Urp, succede tutti i giorni. Abbiamo provato a onorarlo, ma il ticket sui codici bianchi è una presa in giro e poi il dottore non è un esattore, non deve decidere chi paga e chi no. Per evitare problemi, la maggior parte dei pazienti in ingresso codificati col bianco al momento della dimissione viene trasformata in verde, così non deve versare alcunchè». Verità comprovata dai numeri: nel Veneto i codici verdi sono circa 30 mila più dei bianchi.
Nel 2009 erano 840 mila contro i 550 mila bianchi, nel 2010 circa 860 mila rispetto ai 576 mila bianchi. «L’errore di fondo è considerare tutti i codici bianchi accessi inappropriati —spiega Menon—non è così. Per esempio una piccola ferita da suturare o una brutta distorsione sono problemi da Pronto soccorso. Se davvero si vogliono scoraggiare gli accessi inadeguati, si tassino tutte le persone dimesse che non necessitano di particolari trattamenti, compresi gli esenti se non sono da Pronto soccorso. Solo così si contrasterebbero le code nei poli di emergenza: senza regole saranno sempre affollati». E’ d’accordo il dottor Franco Tosato, che nel 1994 fece partire il Triage a Udine, sul modello americano e in contemporanea con Bologna. In Veneto pionieri furono i Pronto soccorso di Treviso e Bassano (1995), nel 1998 seguiti da quello di Padova, per l’arrivo di Tosato, che ne è ancora il primario. «Anche da noi i codici bianchi sono scesi, dai 60 mila del 2006 ai 49.476 del 2010 — dice—effetto del ticket, che però in molte altre Usl ha fatto lievitare i verdi. Perchè sia efficace bisogna scegliere se cambiare il balzello in una tassa da imporre a ogni ingresso al Pronto soccorso o in una multa da elevare a chi utilizza impropriamente il servizio, esenti inclusi». «La situazione nella nostra regione è molto disomogenea— aggiunge Maurizio Chiesa, segretario nazionale della Simeu—da Usl a Usl i codici bianchi variano dal 30% al 60% degli accessi totali. Il che è dovuto alla discrezionalità lasciata al medico nella scelta del codice colore: spesso si propende per il verde per avere meno contenziosi».
A suo tempo l’assessore regionale alla Sanità Iles Braghetto aveva preparato una delibera che indicava chiaramente le caratteristiche del codice verde e del bianco, così da sollevare il medico dalla scelta, ma non è mai stata approvata. Oggi intanto il suo successore Luca Coletto incontrerà a Roma il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, insieme ai colleghi delle altre Regioni. «Si parlerà anche di ticket—annuncia il leghista— staremo a sentire cosa ci dirà. Io ribadirò il no del Veneto ai due nuovi balzelli (l’altro sono i 10 euro sulla specialistica, ndr)». Un suggerimento sull’ambito dal quale attingere risorse arriva dai medici: vanno controllate le esenzioni, che per gli over 65 sono spesso generalizzate per reddito, quindi concesse anche a chi non ne avrebbe diritto. Seconda magagna: vengono considerati esenti totali i pazienti che dovrebbero esserlo solo per le cure legate alla loro malattia (tumore, per esempio).
Corriere Veneto – 20 luglio 2011