La platea dei lavoratori dipendenti in Italia si assottiglia e dopo una discreta crescita fino al 2008, nei due anni successivi c’è stata una pesante inversione di rotta
INversione cnusata dalla crisi, che ha ristretto la categoria a quota 11,6 milioni. A subire l’emorragia di posti, secondo l’elaborazione del Centro studi Datagiovani sugli ultimi dati Inps, sono gli under 35 che rispetto al 2006 sono diminuiti del 12,6%, passando da 4,6 milioni agli attuali quattro. E a livello territoriale è al Nord che si registrano le flessioni peggiori. «La perdita è dell’1,5% nel Nord Ovest e dello 0,7% nel Nord Est dal 2006 al 2010 – spiega Michele Pasqualotto, ricercatore di Datagiovani – mentre nel Centro e nel Mezzogiorno ci sono fragili segnali positivi. Tutta colpa degli ultimi due anni, e in particolare del passaggio dal 2009 al 2010, in cui la flessione è stata del 4,7% in Italia, con una punta del 6% al Sud».
La dinamica regionale
Le regioni che nel 2010 assorbono la maggiore forza lavoro dipendente d’Italia sono la Lombardia (22%), il Veneto (10,4%), il Lazio (9,5%) e l’Emilia Romagna (9,3%). A subire di più il calo di dipendenti rispetto a cinque anni fa è il Piemonte (-3,9%), seguito dalle Marche (-3,6%) e da Friuli Venezia Giulia e Basilicata (3,4%). In controtendenza Puglia (+5,2%), Trentino Alto Adige (+3,3%) e Lazio (+3,2%).
Nell’ultimo anno invece tutte le regioni evidenziano dei segni negativi, i più pesanti in Calabria (-10,7%), Molise (-7,3%), Sicilia e Sardegna (poco meno del 7 per cento).
I giovani
Nell’ultimo quinquennio la struttura dell’occupazione dipendente è cambiata. Se nel 2006 i dipendenti under 35 rappresentavano quasi il 40% del totale, ora sono scesi a poco più di un terzo. Inoltre, è cresciuta la componente dei giovani con meno di 25 anni tra i lavoratori a tempo determinato, mentre è franata di oltre 5 punti percentuali l’incidenza dei giovani sui dipendenti a tempo indeterminato totali.
«Sul calo dei giovani pesano fenomeni diversi – commenta Pasqualotto – come l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’inattività: per questo la flessione non si può ricondurre in modo totale a una perdita di posti, ma è certo che il mercato del lavoro dipendente per i giovani, dopo una crescita fino al 2008 e una brusca frenata nel 2009 e 2010, sia sostanzialmente bloccato, e retrocesso a livelli inferiori rispetto a cinque anni fa». La conferma si legge nei numeri: le aree in cui queste tendenze sono più ampie sono quelle del Nord Italia, pesantemente colpite dalla crisi occupazionale, con Friuli Venezia Giulia (-19,7%), Piemonte (-18,2%) ed Emilia Romagna (-16,5%) a registrare i segni più pesanti. «La vera eccezione – puntualizza Pasqualotto – è il Trentino Alto Adige, dove l’occupazione dipendente nel complesso è addirittura aumentata». La situazione è meno negativa se si guarda al Sud, dove la contrazione dei giovani è stata del 5,7% nel quinquennio, con i dipendenti totali in crescita di quasi un punto percentuale.
Doppio passo per le donne
Nel 2010 le donne dipendenti sono poco meno di 4 milioni e 700 mila, vale a dire che 4 dipendenti su 10 sono di genere femminile. Rispetto al 2006 sono aumentate dell’1,8%, quindi in controtendenza rispetto al dato generale, ma nell’ultimo anno soffrono di più, con una perdita del 5,5%, superiore a quella dei dipendenti complessivi.
«Probabilmente ciò è da imputare anche al fatto che tra le donne la componente di lavoro a tempo determinato è superiore dell’1,5% rispetto alla media generale – ipotizza Pasqualotto – e dunque le espone maggiormente al rischio di cessazione di rapporti di lavoro in situazione di crisi».
In generale, le dipendenti sono più presenti al Nord e al Centro, con incidenza vicine o superiori al 42% dei lavoratori complessivi, per scendere al 34% al Meridione. Ma è al Sud che hanno più contratti a tempo determinato: da un lato dunque hanno beneficiato di una maggiore crescita rispetto al 2006 (+5,2%), ma dall’altro hanno subito di più la flessione dell’ultimo anno (-7,3 per cento).
Ilsole24ore.com – 19 luglio 2011