Al debutto di ieri, solo in cinque Regioni gli italiani sono stati chiamati a pagare il superticket da 10 euro su visite e analisi specialistiche: Lombardia, Lazio, Liguria, Puglia e Basilicata. Il resto d’Italia è in stand by, ma spesso solo per poco.
Questione di ore, forse di giorni. Soltanto Toscana, Emilia Romagna, Marche, Umbria e Veneto, per il momento hanno congelato tutto, per due settimane al massimo, alla ricerca di soluzioni alternative che discuteranno anche in accordo con i ministeri dell’Economia e della Salute. Piemonte, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Abruzzo ieri non hanno applicato il superticket e prenderanno ancora qualche giorno di tempo.
Stessa situazione in Campania, Molise e Calabria: sono sotto piano di rientro e il superticket si applicherà senz’altro, anche oggi, ma devono essere decise le modalità e le esenzioni, operazione peraltro che l’Abruzzo, pure sotto piano di rientro e commissariato, intende rinviare più a lungo.
Per i superticket è superpasticcio all’italiana. Un vero caos. Chi paga e chi no. Chi pagherà di più, chi meno. Con tutti i dubbi del caso. Ma non basta: a pochi giorni da una manovra voluta dal Governo che non ha lasciato alle Regioni la possibilità di valutarne l’impatto e di studiare alternative, non sono mancate situazioni di grande confusione.
Nel Lazio, ad esempio, mentre la governatrice Renata Polverini ribadiva tutto il suo disappunto contro la decisione del Governo e annunciava a breve la sua scelta (già oggi?), il Tribunale dei diritti del malato ha scoperto che in alcune Asl e in alcuni ospedali il superticket già si pagava. Poi durante la giornata sempre più strutture si sono adeguate conformandosi alle procedure intanto predisposte dall’Agenzia sanitaria regionale.
In Puglia la circolare è arrivata nel pomeriggio, con effetti forse solo parziali.
Caso border line quello della Sicilia, dove ieri la Regione ha stoppato tutto: le aziende pubbliche non hanno avuto il via libera alla riscossione del balzello, quelle private accreditate hanno in più casi chiesto agli assistiti di pagarlo.
Una confusione che certamente non sarà risolta neppure oggi. Mai nello stesso modo, comunque, e neppure mai negli stessi tempi. Mercoledì gli assessori alla sanità si vedranno per valutare conti alla mano l’intera operazione e stimare il “dare e l’avere” per le casse regionali. Magari anche per arrivare a soluzioni comuni. Anche se ormai è scontato che l’introduzione dei superticket costerà di più sia ai cittadini che alle Regioni: i primi perché comunque (rivolgendosi al privato o versando al Ssn la supertassa in aggiunta alla franchigia) pagheranno di più, le seconde perché rischiano di perdere introiti (in favore del privato) ma di mantenere comunque in bilancio i costi fissi che comunque dovranno sostenere per il personale, i locali e le attrezzature.
Pochi esempi spiegano tutto: la ricetta per un normale esame di routine (emocromo, colesterolo, trigliceridi, proteine e urine) costerebbe 26,25 euro, invece della tariffa di 16,25 che si pagherebbe dal privato senza Ssn e senza liste d’attesa. Ovvio che il cittadino andrebbe dal privato. E così per tutte le visite specialistiche, per la maggior parte delle ecografie: su una lista di 70 analisi, visite e indagine campione solo sei converrebbero ancora nel pubblico.
Anche per questo le prossime giornate saranno decisive. In Lombardia, per esempio, dove ieri s’è pagato, si valuterà oggi in una riunione degli assessori con il governatore come spalmare diversamente l’aggravio per i cittadini, puntando anche su esenzioni maggiori per le fasce di reddito più basse, magari anche spostando i ticket su altre prestazioni per evitare di perdere entrate. Un’operazione di equità che si tenterà senz’altro in Emilia Romagna, Umbria, Toscana, Veneto, Piemonte e Marche, le Regioni che ieri sono state le più restie nell’applicare il balzello. Per una volta tutti i governatori contestano il Governo. Senza scartare un’ipotesi a cui lavorano da giorni: riuscire a far cancellare la misura a tempo di record dal Parlamento, per rimborsare a posteriori i cittadini che hanno pagato. In Parlamento non mancherebbero sponde politiche non solo di opposizione. Se mai bastassero per smuovere Governo e soprattutto Economia, tanto più con i conti pubblici in rapido peggioramento dopo il nuovo lunedì nero di ieri delle borsa.
sanita.ilsole24ore.com – 19 luglio 2011