Non ha carattere discriminatorio il licenziamento del dirigente che aveva affidato la formazione dei colleghi ad una presunta setta religiosa: il test attitudinale violava la privacy. Ad affermarlo è la sezione Lavoro della Cassazione (sentenza 3821/11).
Il caso
Il manager di una società di trasporti elicotteristici veniva licenziato per aver affidato la formazione sulla comunicazione aziendale dei dirigenti del gruppo, ad un’associazione ricollegabile ad una “discussa setta religiosa” della quale anche lui faceva parte. In particolare, i colleghi avevano fortemente protestato quando si erano accorti che i quesiti contenuti nei test attitudinali erano volti ad indagare sulla loro vita privata. Conseguentemente, la società datrice metteva alla porta il manager.
L’uomo proponeva domanda volta ad ottenere l’accertamento del carattere discriminatorio del licenziamento con conseguente declaratoria di nullità, essendo motivato dalla sua scelta religiosa. Il ricorso però veniva rigettato in tutti e 3 gradi del giudizio. Al riguardo, la Suprema Corte chiarisce come nel caso di specie non ci sia stata alcuna discriminazione, dal momento che il manager è stato licenziato non per ragioni collegate al suo orientamento religioso quanto piuttosto per aver autorizzato la discussa società esterna ad operare una prova attitudinale per il personale non fondata su criteri scientifici.
In verità, proseguono i giudici di legittimità, la condotta sanzionata va valutata in termini di rilevanza disciplinare, senza dissimulare un intento discriminatorio del provvedimento espulsivo, pienamente giustificato dalla negligenza posta in essere dal dirigente, e ciò a prescindere dalla sua presunta adesione alla setta religiosa. Infatti, è l’incauto affidamento di un’attività aziendale delicata, quale quella attinente alla comunicazione aziendale, alla società facente capo ad associazione di orientamento etico religioso che legittima la sanzione disciplinare.
lastampa.it – 17 luglio 2011