Trecento chili di carne e pesce congelati scaduti ancora nel 2010 e privi di qualsiasi indicazione sulla provenienza e la specie. Alimenti quasi indistinguibili e in cattivo stato di conversazione contenuti nelle celle freezer di un minimarket gestito da cinesi a Badia Polesine.
A scoprirli, giovedì pomeriggio, i militari della guardia di finanza di Lendinara impegnati nell’operazione “Testa di serpente” che ha visto il controllo di centinaia di attività gestite da cittadini del Sol Levante in tutto il Veneto. Con loro sono intervenuti anche i veteruinari dell’Ulss 18.
Nel supermercato di Badia erano conservati pezzi di carne di anatra, gallina e pollo, pesci, crostacei e molluschi che avevano abbondantemente superato la scadenza. Mancavano del tutto poi le etichette di origine con le indicazioni obbligatorie per questo tipi di alimenti che permettono la tracciabilità degli animali destinati al consumo, riportandone la specie e il luogo dove sono stati allevati e macellati. Il timore è che le derrate potessero essere state importate illegalmente dalla Cina, dove i controlli in materia di sicurezza alimentare non sono certo scrupolosi. Ma anche non molto lontano da qui, nei mesi scorsi, sempre la Finanza, aveva scoperto due macelli abusivi gestiti da cinesi a Menà di Castagnaro, e a Badia. Veri e propri lager per animali, macellati anche a cielo aperto. Carne poi venduta a prezzi stracciati a ristoranti e market di connazionali. Gli alimenti trovati nel negozio di Badia sono stati posti sotto sequestro, convalidato dal magistrato di turno, Ciro Alberto Savino, e saranno distrutti. Per il titolare del minimarket la denuncia per frode in commercio e la vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione pericolosi per la salute.
Sempre nell’ambito dell’operazione i finanziari hanno scoperto a Rovigo un negozio di kebab con un certificato di abilitazione alla somministrazione di alimenti (Rec) completamente falso. Il titolare slavo del negozio è stato denunciato e sono state avviate le procedure per la chiusura del locale. I Rec falsificati, copie perfette dell’originale, evitavano agli aspiranti esercenti lunghi corsi formativi. Prodotti in serie da un 63enne di Santa Maria di Sala erano smerciati a circa 1.800 euro l’uno.
Cristina Fortunati