Per ritrovare una manovra correttiva dei conti pubblici così pesante sul piano sociale bisogna probabilmente tornare al 1992. Governo Amato, l’Italia fuori dallo Sme, sull’orlo del baratro. 90 mila miliardi di interventi. C’era la lira.
Era proprio un’altra epoca. Anche se, certo, la ricetta del nuovo corso tremontiano imposto dalla speculazione, assomiglia al vecchio sentiero dei primi anni Novanta: meno scala mobile (allora si cancellò del tutto e per tutti, ora quel po’ che è rimasto di indicizzazioni si taglia sulle pensioni medio-basse), meno pensioni (età sempre più alta e sempre più difficile lasciare il lavoro con l’assegno di anzianità). E poi i ticket sanitari e il blocco dei contratti del pubblico impiego. Per finire con il taglio dei trasferimenti agli enti locali. Déjà vu. I sindacati, nel ’92, accettarono – responsabilmente – anche le contestazioni della piazza. Volarono pure i bulloni. In cambio vennero invitati al grande rito della concertazione. Divennero la lobby più influente per quasi un decennio, mentre i partiti si sfarinavano.
Oggi, profondamente divise, Cgil, Cisl e Uil (quasi dodici milioni di iscritti) alzano un po’ la voce, ma ottengono assai poco. Meno della Confindustria, che ha di certo passato momenti migliori. Le cose, infatti, sono cambiate. Oggi bisogna essere avvocati per contare. Oggi basta un manipolo di parlamentari-avvocati nominati dai partiti per bloccare una riforma del tutto light sugli ordini professionali.
Ma d’altra parte il segretario eletto per acclamazione del Pdl, Angelino Alfano (anche lui avvocato per quanto senza esperienza) appena arrivato alla Giustizia propose ai colleghi avvocati di scriversi da soli la riforma. E loro non si fecero pregare: torniamo alle tariffe minime. Detto, fatto. Insomma ci sono lobby che scendono e lobby che salgono. Perché ogni epoca ha la sua di lobby. E questa è l’epoca in cui tanti parlamentari-nominati per difendersi hanno bisogno degli avvocati.
Repubblica.it – 14 luglio 2011