Danneggiare la natura protetta in Italia è reato penale. Non più solo contravvenzioni, quindi, per chi colpisce orsi, cicogne, linci e altri animali tutelati dalle leggi, ma anche piante rare inserite nelle liste rosse o habitat particolarmente vulnerabili ma sanzioni penali e responsabilità delle persone giuridiche.
È arrivato infatti il via libera definitivo da parte del Consiglio dei Ministri di due decreti di recepimento di due direttive Europee, 2008/99 e 2009/123, che danno seguito all’obbligo imposto dall’Unione europea di «incriminare comportamenti fortemente pericolosi per l’ambiente».
Le associazioni ambientaliste, però, avanzano alcune critiche. Secondo Legambiente sono solo due le fattispecie incriminatorie introdotte, quindi (lo afferma il presidente Vittorio Cogliati Dezza) «si è persa l’occasione di intervenire adeguatamente e fornire una legge penale efficace a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini». Per il Wwf Italia (Massimiliano Rocco, responsabile specie), «spesso l’Italia ha ratificato norme nella sua completezza ma poi il tutto è stato vanificato nella loro applicazione».
Le norme approvate prevedono due nuove fattispecie di reato introdotte nel codice penale per sanzionare la condotta di chi uccide, distrugge, preleva o possiede, fuori dai casi consentiti, esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette e di chi distrugge o comunque deteriora in modo significativo un habitat all’interno di un sito protetto.
Nel mirino possono finire le escursioni «pericolose» per i nidi dell’Aquila del Bonelli in Sicilia o per l’Aquila reale, per fare solo un esempio. Per difendere il patrimonio naturale nel nostro Paese sono state create le “zone di protezione” (tra protocolli e convenzioni): 2.564 siti che ricoprono una superficie di 6.194.451 ettari, pari al 20,6% del territorio nazionale. Inoltre ci sono le 871 aree protette che occupano una superficie a terra di oltre 3 milioni di ettari (10,5% del territorio nazionale), quelle a mare sono 27 e coprono complessivamente 296.000 ettari. Le zone umide sono invece 53 e coprono oltre 59.000 ettari. Le specie protette sono oltre 58 mila per gli animali e 5.600 per le piante. Sono 266 le specie italiane che rischiano di sparire, riferisce il Wwf. Al top squali, razze, cetacei, uccelli palustri, pesci di fiume, tartarughe marine e fiori rarissimi.
Lastampa.it – 8 luglio 2011