«La Covip vigilerà sulle Casse? Per Enpam va bene. Allo stesso tempo però chiediamo una semplificazione: l’eliminazione di qualche livello di controllo sugli enti di previdenza. Ce ne sono troppi».
A parlare è Alberto Oliveti, vicepresidente vicario della Cassa di previdenza di medici e dentisti, l’ente pensione più grande d’Italia (11 miliardi di patrimonio) che sta attraversando un periodo di turbolenza dopo l’esposto presentato alla magistratura e alla Corte dei conti da cinque Ordini provinciali (Bologna, Catania, Ferrara, Latina, Potenza) per fare trasparenza sugli investimenti finanziari.
È stata anche la vicenda Enpam a fare cambiare passo sui controlli al Governo. Non crede?
Penso di sì, ma quello è il passato come abbiamo già spiegato nelle audizioni della Commissione bicamerale di vigilanza degli enti pensione. Ora abbiamo voltato pagina nell’ambito degli investimenti. E poi c’è da evidenziare che Enpam ha delle peculiarità.
Quali sono?
Due terzi degli introiti di Enpam arrivano dal Servizio sanitario nazionale; voglio ricordare la penalizzazione per la Cassa dal blocco delle convenzioni. Inoltre la professione sta cambiando e ci sono problemi di demografia oltre che economici. Si sta diffondendo la telemedicina, che può sottrarre versamenti, e le società spesso si rifiutano di pagare il contributo integrativo.
Rispetto a tali problematiche come vi state muovendo?
Ci atteniamo alle regole. Il patrimonio è una camera di compensazione. Per ogni anno di pensione da pagare possiamo contare su 10 anni di riserve.
Il bilancio tecnico però non è proprio filato liscio. O no?
Finché la sostenibilità era definita su 15 anni non c’erano problemi. In una notte è stato deciso che il bilancio tecnico delle Casse previdenziali dovesse avere una proiezione di sostenibilità su 30 anni. Noi chiediamo gradualità nell’applicazione di questa regola.
Che dice a tal proposito il ministero del Lavoro?
C’è disponibilità. Stiamo lavorando con il ministero, monitorando la situazione.
Dallo stesso ministero è arrivata la richiesta di un giro di vite sugli investimenti.
Stiamo cambiando modello di gestione. Vogliamo ridurre il rischio attraverso procedure trasparenti e tracciabili.
Il nuovo modello arriva dopo che gli investimenti passati sono finiti nel mirino. Che cosa state facendo?
Stiamo controllando tutti i dossier.
Lei da quanto tempo è presente nel cda Enpam?
Dal 1996, subito dopo la privatizzazione.
In questi anni non si mai è accorto di quanto stava accadendo negli investimenti?
Spero che non ci sia stato nulla di cui accorgersi. Comunque gli investimenti venivano individuati dalla struttura finanziaria in collaborazione con il professor Maurizio Dallocchio, consigliere esperto e docente della Bocconi. Queste decisioni finanziarie venivano poi portate nel comitato investimenti e da qui nel consiglio d’amministrazione Enpam. Fino al 2008, la società Mangusta Risk effettuava il monitoraggio dei rischi. Dal 2009 Mangusta ha inoltre avviato la realizzazione dell’asset allocation (torta degli investimenti, ndr).
Dallocchio non siede più nel cda Enpam da un anno. Qual è il rapporto con gli altri advisor?
Mangusta sta completando il contratto.
Nel fondo oscillazione titoli avete segnato 296 milioni di euro, quasi 600 miliardi di vecchie lire.
Non sono perdite accertate. E comunque nel 2007-2008 c’è stata una tempesta finanziaria che si è abbattuta su tutti. Le agenzie di rating sono state dei cattivi meteorologi: hanno sbagliato previsioni.
Avete speso 84 milioni di euro, 160 miliardi del vecchio conio, per ristrutturazioni finanziarie. Una cifra pesante non crede?
Certo. Per questo motivo si è ridotta anche la redditività mobiliare del patrimonio. Ma andava fatto altrimenti vi era il rischio di perdere altri soldi.
Ilsole24ore.com – 2 luglio 2011