Lo afferma Assosementi in merito alle ultime ipotesi sull’origine dell’epidemia. E il ministero della Salute lavora ad una circolare sulla tracciabilità delle sementi per uso umano
Sementi e batterio killer, la produzione italiana è tracciata
“Non può essere esclusa nessuna causa per l’infezione batterica che sta allarmando l’intera Europa, ma riteniamo molto remota la possibilità di una responsabilità diretta dei semi utilizzati per ottenere i germogli. Anzi, analoghi casi precedenti portano ad escludere tale ipotesi”.
Interviene così Assosementi, l’Associazione italiana delle aziende sementiere dopo le ultime notizie sulla diffusione dell’Escherichia Coli che ipotizzano il coinvolgimento di sementi di provenienza italiana.
A questo proposito, il ministero della Salute starebbe lavorando ad circolare sulla tracciabilità delle sementi per uso umano.
“Siamo a conoscenza di approfonditi controlli svolti dai Nas in queste ultime settimane presso alcune aziende sementiere, tutti risoltisi negativamente, senza riscontrare il tipo di batterio sotto accusa – precisa Marco Nardi, direttore di Assosementi.
“Nel ciclo che porta ai germogli per consumo alimentare è comunque necessario distinguere la fase di produzione delle sementi, le quali debbono avere i requisiti per potere essere conservate a lungo e poi germinare perfettamente, e la fase di messa in germogliazione, che diventa un processo di produzione
Quanto all’intenzione del ministro della Salute di emanare disposizioni sulla tracciabilità delle sementi, Assosementi a precisa che “la produzione delle sementi destinate alla commercializzazione è già perfettamente tracciata sulla base di quanto disposto dalla legge sementiera 1096/71, la quale prescrive non solo che gli stabilimenti di lavorazione delle sementi debbano essere autorizzati dalle Autorità fitosanitarie regionali, ma che ogni azienda debba tenere un apposito registro di carico e scarico delle sementi che transitano in stabilimento. Va inoltre sottolineato che le sementi di molte specie sono soggette a controlli ufficiali anche durante le fasi di moltiplicazione in campo, in funzione della loro certificazione ufficiale o per i requisiti fitosanitari”.
“Senza conoscere con precisione la causa del problema – conclude l’Associazione – appare prematuro introdurre nuovi vincoli”.
Agro notizie – 30 giugno 2011