Sono un centinaio gli emendamenti al Ddl sul governo clinico presentati alla Commissione Affari Sociali della Camera. Tra i punti più critici la nomina del direttore generale.
Poi l’elevato livello di discrezionalità riservato al direttore generale, la “liberalizzazione” dell’intramoenia allargata, ma anche il travalicamento delle competenze regionali. Come spiegano a Quotidiano Sanità Anna Miotto (Pd), Laura Molteni (Lnp) e Antonio Palagiano (Ivd).
La commissione Affari Sociali della Camera si prepara a riprendere l’esame del ddl sul governo clinico. Ecco su quali ementamenti il Pd, Idvm a anche la Lega, si preparano a dare battaglia.
Anna Miotto, Capogruppo Pd in Commissione Affari sociali
Una legge che nella migliore delle ipotesi è inutile e nella peggiore scassa il sistema
Gli emendamenti a cui noi teniamo sono essenzialmente tre. L’oggetto della legge riguarda il governo clinico ovvero la valorizzazione del governo dell’azienda, un ruolo che non può essere relegato al solo valore professionale nel momento in cui anche il contenuto professionale diventa condizionato fortemente dalle scelte gestionali e finanziarie del direttore generale (Dg). C’è un intreccio molto forte ed è pertanto è necessario una sorta di riequilibrio tra il potere dell’azienda e il ruolo dei professionisti. Questo doveva essere l’obiettivo della legge, ma è un obiettivo mancato.
I pareri che esprime il collegio di direzione non sono vincolanti per il Dg e quindi diventa inutile perchè il collegio di direzione non è quella camera di compensazione che avrebbe dovuto essere.
Veniamo al secondo punto. Collegato con questo tema del maggior potere all’interno dell’azienda da parte delle professioni c’era il tema delle modalità di affidamento degli incarichi di struttura semplice e di struttura complessa. Anche in questo caso, la richiesta che proviene dalla sanità e dai cittadini è che le scelte siano operate in base al merito riducendo la discrezionalità del Dg. Con questa legge però la discrezionalità non viene rimossa a favore del merito. L’unico condizionamento che viene introdotto è la terna dei direttori di struttura complessa sottoposti al Dg, il quale deve scegliere all’interno di questi, ma con assoluta discrezionalità. Mentre noi proponiamo una graduatoria che si fa per valutare il merito dal quale il direttore non si può discostare.
Poi ce il terzo e ultimo punto che è totalmente estraneo a questa materia e che riguarda la libera professione. Questo argomento è stato introdotto in maniera inspiegabile dalla maggioranza. Nessuno dei progetti di legge presentati sul governo clinico prevedeva il cambiamento della libera professione e noi crediamo che sia stato introdotto per scassare il sistema dal momento che prevede che ciascun medico, compresi coloro che hanno la responsabilità del budget da spendere, possa esercitare la libera professione fuori dalle mura dell’azienda. Non solo. Se finora è stata un’eccezione subordinata ad autorizzazione, l’intramoenia allargata, adesso si tenta di far sì che i professionisti, finito il loro lavoro, possano andare a lavorare dove vogliono mettendosi in concorrenza con il Ssn con conseguenze devastanti. Per concludere crediamo che questa legge, così com’è, non serva a nulla, quindi è meglio non approvarla.
Laura Molteni, Capogruppo Lega Nord in Commissione Affari Sociali
Non c’è governo clinico senza rispetto delle competenze regionali
Non si può parlare oggi di governo clinico senza associarlo al rispetto delle competenze regionali previste dal Titolo V della parte seconda della Costituzione. Alla luce di questo principio riteniamo quindi che le Regioni con un percorso di governance in materia sanitaria già avviato debbano essere salvaguardate. Parliamo di Regioni virtuose che hanno raggiunto l’eccellenza in sanità diventando punto di riferimento a livello nazionale e anche europeo. Regioni che non hanno perciò bisogno di nuovi modelli gestionali. Per questo la Lega si è battuta affinché nel testo sul Governo Clinico fosse introdotta la cosiddetta norma di cedevolezza (art 12, secondo comma) che consente a queste realtà virtuose di continuare a gestire in autonomia le politiche già avviate con successo. Certo, c’è poi l’esigenza che il testo contenga dei principi di riferimento che consentano un recupero a quella parte del Paese che sul piano gestionale e amministrativo è rimasta indietro. Quindi in sede di confronto sugli emendamenti presentati al testo unico discuteremo dei principi di carattere generale da applicare. Non dimentichiamo poi che con il federalismo fiscale, le Regioni dovranno operare necessariamente nel rispetto dei costi standard per garantire i livelli di assistenza e controllare costi e inefficienze. Questo consentirà di realizzare un cambiamento culturale radicale della sanità, rivoluzionando positivamente la gestione della cosa pubblica.
Antonio Palagiano, Capogruppo Idv in Commissione Affari sociali
La maggioranza accetta emendamenti migliorativi? L’avevano detto anche per il biotestamento
Gli emendamenti che considero imprescindibili sono essenzialmente quattro. Il primo riguarda uno dei punti nodali del provvedimento, cioè la nomina del direttore generale che continua ad essere politica mentre noi vorremmo spezzare questo legame. Essendo la nomina politica, e questo è il secondo punto, dobbiamo far in modo che il Direttore generale sia una persona quanto più possibile competente e per questo proponiamo un albo unico nazionale da dove attingere di volta in volta le persone che hanno i requisiti per essere nominati.
Altro punto a cui teniamo è il limite d’età per il pensionamento che vorremmo fissato a 65 anni.
L’attività libero professionale, è l’ultima voce per noi importante. Crediamo non sia possibile che in Italia il medico faccia concorrenza a se stesso, non è accettabile. Il medico dovrebbe essere remunerato come accade in Europa dove c’è il vincolo dell’esclusività e ci sono anche degli obiettivi da raggiungere. Noi diciamo no all’intramoenia allargata in cui nessuno controlla ciò che accade al di fuori della struttura sanitaria e così succede che i medici contribuiscono all’allungamento delle liste d’attesa facendo concorrenza agli ospedali dove lavorano.
Se non dovessero accettare i nostri emendamenti spero ci siano comunque dei margini per apportare quelle modifiche significative che a mio avviso migliorerebbero il testo.
Di Virgilio si è dichiarato disponibile ad accettare qualunque emendamento purché migliorativo, lo aveva detto anche in occasione del testamento biologico e poi ha fatto diversamente. Per quanto sia una bravissima persona, dal punto di vista politico è poco affidabile.
Quotidianosanita.it – 29 giugno 2011