L’aumento annuo è dell’1,8%, il costo della vita sale del 2,6%
Le buste paga degli italiani a maggio subiscono una nuova battuta d’arresto, restando ferme rispetto ad aprile. Una calma piatta che si riflette anche su base annua, con le retribuzioni che in 12 mesi crescono dell’1,8%, un aumento troppo debole per agganciare l’inflazione, salita nello stesso mese al 2,6%. Un divario così forte tra l’andamento degli stipendi e quello del caro vita non si vedeva da oltre tre anni, ovvero dal gennaio del 2008.
Dal monitoraggio dell’Istat sui salari emerge anche come siano ancora 4,5 milioni i dipendenti che aspettano il rinnovo del contratto, con tempi di attesa che diventano sempre più lunghi. Il fronte retribuzioni resta, quindi, freddo, anzi i segnali di staticità si rafforzano: rispetto ad aprile la variazione congiunturale da quasi inesistente (+0,1%) diventa nulla (0,0%), mentre sul piano tendenziale l’Istat certifica una piena stabilità (+1,8% ad aprile e a maggio). È così da nove mesi che i salari non riescono ad affacciarsi sopra l’inflazione. L’aumento medio, però, nasconde le forti oscillazioni che si riscontrano passando da un settore all’altro. Si va dai netti rialzi annui registrati da tessile (4,1%) e militari-difesa (4,0%), ai modesti aumenti di ministeri, scuola, regioni e autonomie locali e servizio sanitario nazionale (+0,3% in tutti e quattro i casi).
Quanto al futuro, l’Istat stima che l’indice delle retribuzioni proiettato per tutto l’anno, stando alle disposizioni definite dai contratti in vigore a maggio, registrerebbe nel 2011 un aumento dell’1,8%. Molto dipende dall’attività contrattuale. Per ora, a maggio, si contano 36 accordi scaduti, corrispondenti a 4,5 milioni di dipendenti, il 34,7% del totale. La schiera di chi lavora con un vecchio contratto rimane, così, ampia, pur se in diminuzione sia su base mensile che annua. Prosegue, invece, l’allungamento dei tempi di attesa per il rinnovo: chi ha l’accordo scaduto deve aspettare in media 17,1 mesi. Sul dato pesa il blocco dei contrattuali per gli statali. I numeri dell’Istat preoccupano i consumatori, il Codacons sottolinea come «ormai sia dal 2002 che gli stipendi e le pensioni restano al palo mentre i prezzi, le tariffe e le imposte continuano ad aumentare». E avverte: «Sarebbe una scelta sciagurata quella che il Governo si appresterebbe a fare giovedì, ossia congelare ancora per un anno il contratto dei pubblici dipendenti».
Sulla stessa linea il capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, che parla di un potere d’acquisto eroso.
lastampa.it – 27 giugno 2011