Saltano le norme sui precari della scuola, la tassa Tav e l’emendamento sull’uso dei fondi Fas per il Sud
MILANO – Il governo ha posto la fiducia sul maxiemendamento al decreto sviluppo. A formalizzare la richiesta è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito. «Considerato l’alto numero di emendamenti presentati e la ravvicinata data di scadenza del provvedimento che deve passare dall’altro ramo del Parlamento, pongo la questione di fiducia», ha detto Vito. Il maxiemendamento modificato rispetto alle misure introdotte nelle commissioni Bilancio e Finanze è stato ritenuto ammissibile dalla presidenza della Camera, che ha fissato il voto per martedì.
NORME STRALCIATE E PROTESTE – Nel maxiemendamento presentato dal governo al comitato dei nove prima dell’inizio dei lavori dell’Aula non figurano più alcune misure inserite dalle commissioni nel decreto. In particolare risultano cassati gli emendamenti Pagano-Goifis, sui precari della scuola, l’emendamento D’Antoni sull’utilizzo dei fondi Fas per il credito di imposta al Sud, l’emendamento che imponeva una tassa sulla Tav in favore del servizio universale, due emendamenti sulla patente nautica, ed uno che introduceva la responsabilità dei giudici tributati nel caso in cui non avessero chiuso la pratica entro i 180 giorni stabiliti dal decreto stesso. Al termine della breve seduta dell’aula in cui è stato annunciato il deposito del maxiemendamento, Gianfranco Conte è uscito visibilmente alterato: «Il Parlamento – ha detto a voce alta – esiste o non esiste; non può essere il presidente della Repubblica a decidere cosa entra o non entra in un provvedimento. Il Parlamento va tutelato». Conte ha quindi detto che avrebbe scritto una «lettera di proteste» al Quirinale, perché da esso sarebbe partita l’iniziativa per chiedere lo stralcio delle norme approvate dalle commissioni.
«SCELTA GRAVE» – «Conte lasci stare il presidente della Repubblica. Se siamo all’ennesima fiducia e all’ennesimo maxiemendamento che cancella il lavoro delle commissioni Finanze e Bilancio sul decreto Sviluppo, è colpa di questo governo e di questa maggioranza» ha detto Michele Ventura, vicepresidente vicario dei deputati del Pd. Duro anche l’intervento in Aula di Pierpaolo Baretta, capogruppo Pd in commissione Bilancio. «Mi rendo conto – ha detto – che, nel denunciare l’ennesimo ricorso al voto di fiducia, rischiamo di diventare noiosi anche noi; è inutile prendersela con il ministro Vito. Come è inutile che il governo tiri in ballo il presidente della Repubblica: la responsabilità di tutte le scelte fatte è dell’esecutivo. Eppure, dopo oltre 40 voti di fiducia, appare chiara la gravità ed il significato di questa scelta».
corriere.it – 20 giugno 2011