«È difficile affermarlo in tempi di “vacche magre”, ma più che un problema di nuovi ingressi, le Casse di previdenza professionali devono chiedere ai propri iscritti di versare di più.
Percentuali del 10, 12 o 15% sono bassissime, impediscono un sereno passaggio al contributivo e non fanno altro che spostare sulle generazioni più giovani il “peso” della spesa previdenziale».
Alberto Brambilla, 60 anni, comasco, è il nuovo presidente del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, che si è insediato mercoledì scorso, dopo mesi di gestione in regime di proroga.
Il Nucleo torna a riunirsi dopo mesi. Nel frattempo avete ugualmente operato?
Abbiamo formalmente cessato l’attività a fine luglio 2010, rimanendo attivi solo per l’operatività corrente, come la manutenzione dell’anagrafe generale dei lavoratori attivi. Come nuovo Nucleo abbiamo già mandato a tutti gli enti la richiesta di avere i consuntivi di gestione 2010 entro metà luglio. Ad ottobre presenteremo il relativo Rapporto sui bilanci 2010 e il secondo rapporto sui bilanci tecnici delle Casse privatizzate
La scorsa settimana, le Casse – in sede Adepp – si sono divise sull’opportunità di votare un codice di autoregolamentazione sugli investimenti. Cosa ne pensa?
Dalle banche alle assicurazioni, dai fondi pensione a quelli comuni di investimento tutti hanno una normativa con limiti chiari contro gli investimenti a rischio. Tranne le Casse, che devono scegliere – in sede Adepp – quale tipologia di bilanci adottare, perchè siano confrontabili tra di loro (tra prospetti, calcolo delle performance e report) e devono copiare uno dei codici di autoregolamentazione già validi per gli altri operatori. Non possiamo costringerle, ma daremo loro degli orientamenti in questo senso.
Il tema di nuovi ingressi e del “rafforzamento” delle platee previdenziali è delicato perché non è facile garantire equità a tutte le generazioni, soprattutto quando il livello economico dei neoiscritti e la “salute” del Paese sono in crisi. Lei crede che le Casse ne siano consapevoli?
Un corretto rapporto tra iscritti e pensionati consente di affrontare la gestione con equilibrio solo se equa è la ripartizione dei carichi. Proprio perchè il momento economico è difficile le Casse devono avere il coraggio di agire su due leve: passare tutte al sistema contributivo e, contemporaneamente, elevare almeno al 25% la contribuzione degli iscritti. Altrimenti il solo contributivo rende più sostenibili i bilanci ma mette a nudo la realtà, cioè che con versamenti modesti, gli assegni non possono che essere irrisori. I dipendenti versano il 33% e si attendono un tasso di sostituzione del 65% dell’ultimo stipendio percepito. I co.co.pro il 26,27 per cento. Oggi, per molte Casse, il consistente afflusso di giovani consente solo di posticipare la “resa dei conti”. È una battaglia difficile da fare, per ogni singolo presidente. Se il discorso è difficile da far digerire alle singole platee previdenziali, lo si affronti in sede Adepp. Lo decida l’Adepp.
Sì, ma le Casse sono autonome. E la crisi morde…
Le Casse non hanno varato aumenti neanche in tempi di “vacche grasse”, quando era più semplice. Ma il contributivo è tanto più urgente quanto più si contrae l’occupazione. Su 41 milioni di contribuenti, in Italia, poco più di 10 milioni non versa nulla o molto poco. Ci sono la crisi, i ritardi nei pagamenti. Ma manca anche la cultura previdenziale.
Forse perchè è percepita come una tassa?
L’evasione contributiva si lega strettamente all’evasione fiscale. Personalmente ritengo che la riforma fiscale dovrebbe abbattere l’Iva ma poi le spese professionali dovrebbero essere pienamente deducibili per il cliente, che avrebbe interesse e convenienza a fare “emergere” dal nero le parcelle. La crisi morde, ma se la “ricchezza” non emerge, ci perdiamo tutti, anche e soprattutto chi la nasconde.
Ilsole24ore.com – 13 giugno 2011