Il presidente di Confindustria “apre” il tavolo che dovrebbe portare a ridiscutere i criteri della rappresentanza nelle aziende: “Non sono per l’abolizione dei protocolli nazionali, ma le intese locali devono valere anche per chi non le firma”
Sul futuro dei contratti di lavoro in Italia si va verso la resa rdei conti. Oggi il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, ha inviato alla presidenza del Consiglio dei ministri, al ministero del lavoro e a tutte le parti sociali, la preannunciata lettera di disdetta del Protocollo del 1993. Ad accelerare la decisione del sindacato è stata la comunicazione dell’Abi circa l’intenzione di far riferimento all’accordo del 1993 nelle prossime trattative per il rinnovo del contratto dei bancari. “Seppure la Uil consideri quel testo superato dalla riforma del gennaio 2009 – scrive il sin dacato – , al fine di evitare ogni possibile equivoco circa l’attuale applicabilità di quelle norme e di quelle procedure, si comunica la decisione della scrivente organizzazione di disdettare il Protocollo medesimo. Dunque, per la Uil e nei confronti di tutte le parti firmatarie e di quelle in indirizzo, la presente ha valore, a tutti gli effetti, di disdetta ufficiale e formale del Protocollo in oggetto”.
La scelta della Uil aggiunge un tema in più alla discussione sulla riforma dei contratti e della rappresentanza sindacale nelle aziende, che sarà al centro dell’imminente confronto fra le organizzazioni dei lavoratori e Confindustria. Proprio oggi la presidente degli imprenditori, Emma Marcegalia, ha annunciato la lettera di invito ai sindacati per aprire gli incontri già “in questa settimana o all’inizio della prossima”.
La linea di Confindustria è chiara e Marcegaglia la ricorda
intervenendo all’assemblea di Assolombarda: “Io voglio proporre che se un’impresa sigla un accordo con la maggioranza dei lavoratori, questo deve valere per tutti. Non esiste che uno il giorno dopo si alza e mette tutto in discussione”. La cosiddetta esigibilità dei contratti e la loro validità se sottoscritti con la maggioranza dei rappresentanti dei lavoratori sono dunque i punti fermi sui quali Confindustria difficilmente accetterà mediazioni: “Non sono per la sparizione dei contratti nazionali – ha precisato Marcegaglia – , ma dobbiamo rafforzare sempre più i contratti aziendali”. Marcegaglia ha infine dato al governo di aver agito per favorire questo cambiamento, riducendo la pressione fiscale sulla contrattazione decentrata.
Sul confronto incombono una serie di fattori di incertezza come l’esito giudiziario dei ricorsi Fiom contro i contratti delle newco Fiat, a partire da Pomigliano e dall’intesa su Mirafiori e in generale l’accentuarsi della spaccatura fra i sindacati confederali sancita dall’accordo separato firmato da Cisl e Uil nel 2009.
Repubblica.it – (13 giugno 2011)