Delusi non dagli ordini ma dal mercato. Sconfitti in partenza, rassegnati a soccombere alla concorrenza, periferici rispetto a un sistema in evidente crisi dove partire da zero e riuscire a sopravvivere è quasi impossibile.
Troppo giovani, troppo indifesi, troppo esposti finanziariamente. E, quindi, l’iscrizione all’Ordine diventa una terza o una quarta scelta.
Benvenuti nella nuova Italia dei professionisti dai capelli bianchi. Un Paese di avvocati, ingegneri, dottori commercialisti sempre più vecchi (ma anche sempre più numerosi). E di giovani laureati disillusi, che fanno altro, si mantengono con attività magari contigue e affini al loro titolo di studio ma fuori dall’albo professionale. Insomma, all’esame di Stato non si iscrivono nemmeno più e non tornano sui libri a pianificare un’iscrizione che comunque non cambierebbe il loro status di lavoratori atipici con partite Iva e contratti parasubordinati.
Lo rileva l’ultima fotografia scattata dal Miur sui candidati alle prove di abilitazione nell’anno accademico 2009/2010: in soli cinque anni gli aspiranti professionisti sono diminuiti del 20,4 per cento e sono circa 35mila quelli che hanno deciso di non tentare la strada dell’Albo dopo la laurea.
A registrare il calo più significativo dei candidati (-61%) sono gli agronomi, mentre tra le professioni più “affollate” spiccano gli architetti (-36%) e gli ingegneri (-31%). Segno meno anche per gli avvocati e i commercialisti (rispettivamente a -13 e -10 per cento). Un calo di vocazioni che si spiega solo in minima parte con la riduzione del numero di laureati che nello stesso periodo ha accusato una flessione del 2,4 per cento appena.
Questi i dati sulle nuove leve, mentre lo stock complessivo dei liberi professionisti continua ad aumentare e nel 2010 secondo il Censis ha superato i due milioni. Un esercito in crescita del 4,1% rispetto all’anno precedente.
Il caso più emblematico è forse quello degli ingegneri dove diventa “strutturale” il “disinteresse” per l’acquisizione dell’abilitazione professionale da parte di un terzo dei laureati quinquennali potenzialmente interessati. Fino al 2006 la quota oscillava intorno al 10-11% mentre ora si attesta tra il 32 e il 34 per cento.
«Per superare l’esame di Stato c’è bisogno di una formazione specifica, le prove sono difficili e in alcuni casi molto selettive – commenta Maria Pia Camusi, a lungo responsabile del settore lavoro e professioni del Censis e ora direttore della Fondazione Rete Imprese Italia -. Il fatto che il numero di coloro che avendo superato l’esame di stato non si iscrivono agli ordini tende a diminuire, dipende in parte dalle difficoltà di accesso al mercato delle professioni, fortemente competitivo, di fronte al quale molti giovani rinunciano in partenza poiché non in grado di fronteggiare l’agguerrita concorrenza».
L’iscrizione all’Ordine diventa una terza o una quarta scelta, ma non è colpa degli Ordini se i giovani tendono ad iscriversi di meno. «Così come per le Pmi – prosegue la Camusi – anche per le attività libero professionali e per le attività autonome nel loro complesso vanno trovate delle forme di sostegno più mirate. Al tempo stesso non è detto che i giovani, che non hanno superato l’esame di stato non svolgano le attività professionali al di fuori del sistema ordinistico». Gli Ordini professionali, nati per tutelare le forme di accesso all’albo, non possono diventare soggetti di promozione del lavoro professionale. «Il mondo sindacale professionale e il mondo delle casse professionali si sta organizzando per sostenere l’ingresso dei giovani – conclude la Camusi – ma evidentemente non basta.
C’è bisogno di molto di più prendendo come modello, il sostegno che le rappresentanze delle piccole imprese danno ai propri associati sul territorio, in modo dinamico e organizzato. Anche le strutture ordinistiche devono allora sviluppare maggiore attenzione per la dimensione locale delle attività professionali».
Per il sociologo Emilio Reyneri, docente a Milano Bicocca, a spiegare in parte il crollo di iscrizioni è il nuovo sistema di lauree brevi. «Ma c’è chiaramente anche un fenomeno di saturazione del mercato – afferma -. Del resto qual è l’alternativa per i giovani se non tentare la strada delle libere professioni? Non si vedono altri sbocchi per moltissimi laureati. Il punto è che questi giovani lavorano ma praticamente non guadagano. Il tasso di occupazione non è basso, sono bassi i guadagni. Il giovane architetto iscritto all’Albo il lavoro lo trova ma vivacchia, sopravvive».
ilsole24ore.com – 13 giugno 2011