Dai 29,2 euro a testa in Calabria ai 280 euro a Trento. Per una spesa di 6,6 miliardi e una media di 110,7 euro per italiano, ma con tutto il Sud (fatta eccezione per la Sardegna) in fondo alla classifica e il Centro-Nord sopra la media nazionale e mediamente con valori anche tre volte superiori al Mezzogiorno.
È ancora una volta l’immagine di un Paese drammaticamente a doppia velocità quella che emerge dall’ultima radiografia della spesa italiana per le prestazioni sociali. Dove le aree più povere, e più bisognose di servizi, dedicano meno risorse e meno prestazioni ai loro cittadini.
A tentare una prima ricostruzione della mappa della copertura finanziaria dei macro-livelli dei servizi sociali sono state le Regioni in un documento condiviso coi Comuni – anticipato dal settimanale «Il Sole-24 Ore Sanità» – che ha utilizzato i dati Istat più recenti del 2008 sulla spesa sociale, con esclusione di quella socio-sanitaria del Fondo sanitario nazionale. Un check ancora parziale, ma indispensabile per poter definire i livelli essenziali delle prestazioni sociali (i Leps), che come per la sanità dovranno arrivare alla quadratura del cerchio di specifici costi standard. Partita delicatissima per Regioni e Comuni, perché finora non esiste ancora un check esauriente della reale entità della posta in gioco di una spesa dispersa in mille rivoli. E ripetutamente oggetto di tagli da parte del Governo.
Intanto il documento dei tecnici regionali – che a metà mese sarà al centro di un vertice straordinario dei governatori – riconosce esplicitamente la «grave carenza di omogeneità tra gli indicatori di copertura dei servizi, anche in termini di denominazione dei servizi». La confusione è massima, insomma. Con tutto il Sud che sta il 60% sotto la spesa pro-capite nazionale e sei Regioni (le piccole Friuli, Trento, Bolzano, Valle d’Aosta, con Emilia e Sardegna) con valori del 30% sopra il pro-capite italiano. Mentre le previsioni medie di crescita al 2013 sono appena di 7 euro pro-capite e le Regioni che stanno sotto la media nazionale dovrebbero colmare il gap in 3-5 anni. Una missione pressoché impossibile.
di Robero Turno (da Il Sole-24 Ore) – 5 giugno 2011