La crisi economica non sembra toccare il lavoro nero, soprattutto quello svolto da italiani e stranieri regolari. Nel 2009, l’anno in cui la frenata dell’economia mondiale ha dispiegato gli effetti più pesanti sull’occupazione, i confini delle attività sommerse sono infatti tornati ad allargarsi, dopo un triennio di lenta ma costante contrazione, sfiorando quota tre milioni. Al top alberghi e bar.
Secondo il monitoraggio del tavolo tecnico dedicato all’economia sommersa, nel 2009 era irregolare il 12,2% dei lavoratori italiani, con un incremento di tre punti base rispetto all’11,9% registrato l’anno prima. Questa dinamica è frutto di due fattori convergenti: la crisi ha assottigliato di 670mila unità la platea del lavoro regolare, che nell’ultimo anno censito dall’analisi dei tecnici al lavoro sulla riforma fiscale, tramite la perdita secca di occupazione e l’estendersi del ricorso alla cassa integrazione e agli ammortizzatori sociali. Diminuita la base di calcolo, il leggerissimo aumento di lavoratori irregolari (poco meno di 8mila unità in più rispetto all’anno prima) moltiplica i propri effetti sulla composizione complessiva della torta del lavoro.
La battuta d’arresto del 2009 non cancella comunque del tutto l’evoluzione positiva che il tasso di regolarità del lavoro aveva imboccato negli anni precedenti. I numeri messi in fila dalla relazione non sono eclatanti, ma mostrano tra 2001 e 2008 un’erosione costante dello spazio lasciato al sommerso, che aveva visto diminuire il tasso d’irregolarità del lavoro italiano dal 13,8% registrato nel 2001 all’11,9% raggiunto nel 2007 e nel 2008. I tecnici attribuiscono questa dinamica soprattutto all’evoluzione normativa, che iniettando dosi di flessibilità a un mercato prima ingessato aveva permesso al lavoro regolare di invadere fette di territorio crescente prima appartenuto alle attività non registrate.
Questa evoluzione è avvenuta in due fasi, e la sua spiegazione trova riscontri nel confronto fra la dinamica del «nero» che si registra fra i lavoratori dipendenti e quella che caratterizza gli autonomi. Nella prima fase, l’introduzione dei co.co.co. aveva allargato gli spazi del lavoro autonomo, mentre dal 2004 in poi l’entrata in vigore della legge Biagi e dei decreti attuativi hanno riportato nell’alveo del lavoro dipendente molte collaborazioni autonome solo nel nome. La prova del nove degli effetti di questa doppia evoluzione si ha nell’aumento del tasso di regolarità del lavoro dipendente, che passa dall’86,8% del 2006 all’87,1% del 2008 (prima di arretrare nel 2009 per la crisi), mentre la curva nel lavoro autonomo segue una direzione contraria. L’estensione del «nero» fra gli autonomi si spiega anche con la dinamica sociale che vede crescere il bisogno di servizi da parte delle famiglie, con una tendenza che moltiplica le posizioni saltuarie (in particolare le colf) su cui strumenti come il voucher non hanno ancora dato gli effetti sperati in termini di regolarizzazione.
A livello settoriale, l’agricoltura conferma ovviamente anche nel campo del lavoro il primato che registra in tutti gli indicatori dell’economia sommersa. In agricoltura un lavoro su quattro è irregolare, e tranne una battuta d’arresto fra 2003 e 2004 la tendenza costante all’aumento del «nero» non sembra trovare ostacoli significativi. Al capo opposto della classifica c’è il mondo dell’industria, che nelle sue parti centrali appare quasi immune dal lavoro irregolare (tasso di regolarità al 95,6%): un discorso a parte merita l’edilizia, dove il ricorso a lavoro irregolare si intreccia anche con il nodo dell’immigrazione clandestina e registra tassi più che doppi rispetto al resto dell’industria. Tra i servizi, invece, primeggiano i lavori saltuari reclutati senza comunicarlo all’amministrazione finanziaria da alberghi, ristoranti e servizi ricettivi in genere, dove quasi un lavoratore ogni cinque agisce ancora senza contratto.
LA GALASSIA IN NERO
2,97 milioni Le «unità»
Sono le unità di lavoro irregolari censite dal tavolo tecnico sull’economia sommersa. Le unità indicano la quantità di lavoro effettuata da un lavoratore a tempo pieno per cui, calcolando le attività saltuarie o temporanee, le persone effettivamente coinvolte possono essere di più
12,2% Il tasso di irregolarità
È la quota di irregolari sul totale dei lavoratori impegnati. Il tasso di irregolarità 2009 è in aumento dello 0,3% rispetto a quello registrato nell’anno precedente, ma questa dinamica si spiega soprattutto con la contrazione dei posti regolari per effetto della crisi
ilsole24ore.com – 3 giugno 2011