MOSCA – Il Parlamento russo ha appoggiato il divieto, imposto dalle autorità sanitarie del Paese alle importazioni di ortaggi e di verdura fresca dall’Unione Europea, per evitare il contagio dall’E.coli.
Lo stop alle importazioni minaccia danni per centinaia di milioni di euro ai produttori europei, che prima dell’embargo riuscivano a esportare verso la Russia circa il 28% di tutta la verdura coltivata in Europa.
I Paesi più colpiti sono l’Olanda e l’Italia, che parallelamente alle proteste dell’Unione europea hanno chiesto di abolire il divieto, bollato come misura unilaterale, generalizzata e del tutto inopportuna destinata peraltro a generare allarmismo tra i consumatori.
Dal canto suo la Russia ha vincolato la revoca del divieto a una serie di condizioni, chiedendo in primo luogo alle strutture competenti della Germania e dell’Unione europea di confermare con esattezza le “cause dell’epidemia”. Inoltre le autorità europee devono stabilire come e attraverso quali prodotti alimentari l’epidemia si è propagata, determinando con precisione l’origine “nazionale” delle verdure chiamate in causa.
Infine l’Unione europea dovrà fornire al Cremlino delle prove esaurienti che la situazione sia sotto controllo, pubblicano un elenco delle misure che hanno permesso, eventualmente, di arrestare il propagarsi dell’epidemia.
Il problema sarà discusso al summit annuale tra la Russia e l’Unione Europea, in programma per il 9-10 giugno prossimo nella città russa di Nizhnij Novgorod. Gli esperti russi dubitano però che il problema sia risolto in tempi così brevi.
La Russia può strumentalizzare il problema del “cetriolo killer”, come hanno chiamato la situazione i giornali russi, per accelerare il processo dell’ingresso della Russia nell’Organizzazione mondiale del commercio. Lo stop alle esportazioni europee deve dimostrare come nella situazione attuale la Ue ha poche leve per costringere la Russia a riaprire i propri confini alla verdura europea.
Inoltre l’embargo russo sembra avere delle radici apertamente populiste che in vista delle elezioni legislative del dicembre del 2011 e soprattutto di quelle presidenziali del marzo del 2012, devono da una parte manifestare come il Cremlino tutela la salute della popolazione russa, mentre dall’altro favorire le posizioni dei produttori agricoli russi, che di certo da soli non saranno in grado di riempire le pericolose lacune, rimaste sul mercato russo di ortaggi e di verdure dopo la scomparsa degli agricoltori europei.
In questa situazione i consumatori russi temono un’impennata dei prezzi di verdura fresca, ma le autorità russe hanno subito promesso di controllare la situazione, aumentando le importazioni dai Paesi ex sovietici (che come Ucraina e Azerbaijan hanno subito accolto l’invito), dalla Turchia, dall’Egitto e dalla Cina. La posta in gioco è piuttosto alta ed è stimata in 1,1 milioni di tonnellate di verdure fresche importate dalla Russia all’anno, ovvero in 600milioni di euro
Ilsole24ore.com – 3 giugno 2011