SPERIMENTAZIONE VENETO. Dopo l’esperienza pilota di Treviso parte la normativa che semplifica su igiene e sicurezza
Sì a lavorazione e vendita diretta di carni, formaggi, confetture, succhi di frutta e molto altro nel rispetto della stagionalità
AMATO Dopo tre anni di sperimentazione nella provincia di Treviso, è estesa a tutto il Veneto, con analogo periodo di sperimentazione, la normativa che regola la trasformazione e la vendita dei prodotti agricoli per le piccole produzioni locali (Ppl), come sono definite dalla delibera di giunta 2280/2010. Si apre così all’azienda agricola la possibilità di lavorare al proprio interno quanto prodotto e di destinarlo alla vendita diretta senza dover attrezzarsi, com’era previsto finora, di costose infrastrutture per l’igiene e la sicurezza che vanificavano ogni investimento nel settore.
Ma proprio perché sono in ballo questioni importanti come la sicurezza alimentare e la salute degli animali, se ne è parlato in un convegno a Bosco Chiesanuova organizzato da Ordine dei medici veterinari, Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie e Associazione Giovanni Vincenzi, dedicando l’incontro alla memoria del medico veterinario che fu sindaco di Bosco e dirigente responsabile dell’unità di progetto sanità animale e igiene alimentare della Regione Veneto, scomparso prematuramente tre anni fa, e che si era battuto perché proprio questa idea diventasse legge.
Come hanno sottolineato i medici veterinari Michela Favretti, dell’Istituto zooprofilattico, e Stefano De Rui, dirigente del servizio veterinario dell’Ulss di Asolo, i vincoli posti dalla legge per la trasformazione e la vendita riguardano il fatto che ci sia un forte legame dei prodotti con l’impresa agricola, quindi non si compera la materia prima per trasformala ma deve essere coltivata o allevata in azienda; devono essere rispettati tempi minimi per l’allevamento, 4 mesi i suini, 90 giorni conigli e avicoli; i prodotti vanno legati alla stagionalità, quindi carne di pollo in vendita tutto l’anno, ma quella di maiale solo nei mesi invernali previsti per la macellazione; soprattutto i quantitativi dovranno essere limitati: massimo 2.000 capi all’anno di avicoli e conigli e 30 suini. La vendita deve limitarsi all’azienda o ai mercati locali per le carni, o alle province contermini, non oltre i confini regionali per i vegetali.
È ammessa la trasformazione e la vendita di confetture, marmellate, succhi di frutta, sciroppi, sottaceti, farine, conserve vegetali, funghi e vegetali essiccati ottenuti dalla lavorazione e trasformazione in azienda o raccolti dal produttore, per un quantitativo complessivo annuo non superiore a 2.000 chili. Particolare importante, è che le lavorazioni dei prodotti non necessitano di grandi strutture asettiche. Sono sufficienti i locali accessori delle abitazioni, purché non completamente interrati, igienicamente puliti, aerati e adeguatamente illuminati. Le conclusioni dei veterinari che hanno seguito e controllato il periodo di sperimentazione sono confortanti: «I prodotti confezionati e venduti nelle aziende come Ppl non hanno rischi maggiori dal punto di vista sanitario di quelli che si trovano sugli scaffali di un supermercato; riportano con chiarezza sull’etichetta luogo d’origine e lavorazione; sono controllati dal servizio veterinario e di igiene degli alimenti; garantiscono tipicità e diversità perché la materia prima non è omogenea e il risultato non può essere standardizzato».
Larena.it – 2 giugno 2011