Il part time non è mai un diritto del lavoratore. Anche se possibilità di riduzione orario è prevista dal contratto collettivo e se il lavoratore si trova in condizioni “prioritarie”
Il part time non è mai un diritto. Neanche per il lavoratore che si trovi nelle condizioni indicate come prioritarie per la concessione dall’accordo integrativo aziendale.
La scelta infatti è “discrezionale” e spetta sempre all’imprenditore che è l’unico a poter valutare se in quel determinato momento – il tempo parziale – è giustificato da “esigenze organizzative e produttive”, o meno.
I problemi di salute non bastano
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza di oggi n. 9769 (si legga il testo integrale su www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com) accogliendo il ricorso di una banca contro la Corte di appello di Ancona che, all’opposto, aveva riconosciuto il diritto del dipendente alla trasformazione del contratto in part time. Secondo la Corte territoriale, infatti, il ricorrente si sarebbe trovato in una situazione “preferenziale”, a causa dei problemi di salute, rispetto ad altri colleghi ai quali il part time era stato concesso.
Il diritto al risarcimento del danno
I giudici di Piazza Cavour hanno così chiarito meglio l’ambito di competenza dell’imprenditore ed i margini che invece restano al dipendente. Al datore spetta, dunque, in via esclusiva e discrezionale scegliere se l’azienda “abbia bisogno di prestazioni a tempo parziale e se le richieste avanzate in tal senso dai dipendenti rispondano alle esigenze aziendali medesime”. Però, una volta stabilito che “in una determinata unità produttiva e con riguardo a specifiche mansioni” vi è una simile esigenza, allora “la decisione di concedere o negare la trasformazione del rapporto a part time non è più discrezionale”. Ma deve seguire i criteri stabiliti dalla contrattazione collettiva e dagli accordi integrativi aziendali.
E se tali accordi non vengono applicati rispettando i principi di correttezza e buona fede, scatta la legittimazione del dipendente, che si ritenga leso, “ad agire per il risarcimento del danno” anche in forma specifica, per ottenere la trasformazione del rapporto.
In definitiva, secondo la Suprema corte “va escluso il diritto del dipendente di sindacare le decisioni datoriali in ordine alla sussistenza o meno delle esigenze organizzative e produttive compatibili con prestazioni rese in regime di tempo parziale” mentre “si può ravvisare in capo al dipendente una posizione di diritto soggettivo suscettibile di tutela risarcitoria relativamente alle modalità di esercizio di quel potere” e, quindi, “relativamente al potere del datore di scegliere a chi accordare il part-time tra quei dipendenti che ne abbiano fatto richiesta”.
Ilsole24ore.com – 4 maggio 2011