Ore critiche in Giappone, dove si cerca di arginare i danni ai reattori della centrale atomica di Fukushima provocati dal terremoto e dallo tsunami dell’11 marzo scorso. I livelli di radiazione però continuano a crescere.
E anche se le agenzie internazionali sulla sicurezza assicurano che non si tratta di una nuova Chernobyl, la popolazione ha paura per la propria salute. Non solo in Giappone. Ma mentre in Italia si ricompatta il fronte del “No”, il Governo conferma l’intenzione di riportare il nucleare nel nostro Paese. A giugno si deciderà con un referendum.
Aumenta la paura in Giappone. Gli interventi per arginare i danni ai reattori della centrale di Fukushima al momento non sono sufficienti ad fermare la fuoriuscita di radiazioni, che anzi, diventano sempre più consistenti con il passare delle ore. Le agenzie per la sicurezza internazionali escludono un’altra Chernobyl, ma l’allarme è passato dal livello 4 del giorno post terremoto a livello 6 della scala Ines, su un massimo di 7.
Le esplosioni ai sei reattori della centrale non si fermano e nonostante le manovre di raffreddamento degli impianti messe in atto, la struttura continua a rilasciare livelli di radioattività che, secondo quanto riportato dalla stampa, nella sola mattinata di oggi sarebbe salito fino a 10.800 microsievert, per poi scendere e allinearsi intorno a 1.500 microsievert all’ora (il limite consentito è di 500). Il capo portavoce del Governo, Yukio Edano, avrebbe spiegato nel corso di una conferenza stampa ha spiegato che l’emissione, salita e scesa nel giro di qualche, “non è tale da avere effetti sulle persone” nei dintorni dell’impianto e per questo ha chiesto di mantenere la calma.
Secondo la Iaea (International Atomic Energy Agency), le persone evacuate sarebbero quasi 140.000: di questi 30.000 abitavano nel raggio di 10 chilometri dal sito, e 110.000 nel raggio di 20 chilometri.
Le radiazioni hanno raggiunto anche Tokyo, dove i livelli registrati, secondo quanto riportato dalla stampa, sarebbe intorno a 0,809 microsievert.
È tuttavia difficile essere precisi sui numeri e sulla reale situazione, in quanto la situazione cambia con grande rapidità a seconda del controllo che i tecnici che lavorano alla centrale riescono ad avere sul riscaldamento dell’impianto.
Riguardo ai rischi che tutto quello che sta accadendo comporti per la salute, le autorità non si pronunciano, ma non nascondono che sono possibili danni sulla salute della popolazione. Basti pensare che i normali livelli di radioattività si aggirano intorno ai 0035 microsievert e che una comune radiografia rilascia circa 20 microsievert.
La prima misura adottata nei confronti della popolazione è stata quella di evacuare tutti gli abitanti nel raggio di 20 km dalla centrale, invitando tutti coloro che risiedono entro 30 km dall’impianto nucleare di chiudersi in casa. Oltre quella distanza, hanno affermato le autorità nipponiche, “non c’è immediato rischio per la salute”.
I rischi per la salute
Il pericolo comunque esiste. E danneggerebbe in particolare la tiroide, il midollo osseo, la pelle, l’intestino, i polmoni, gli organi riproduttivi e gli occhi, che hanno tessuti ultrasensibili. Non si tratta, quindi, dell’invenzione di un “verde” esasperato, come spesso abbiamo sentito dire nel corso dei dibattiti sull’energia nucleare che, negli ultimi anni, ha ripreso vita anche nel nostro Paese.
I materiali fissili utilizzati normalmente all’interno delle centrali nucleari (ci si riferisce in queste pagine alla sola produzione di energia e non all’arricchimento degli isotopi per scopi militari) sono l’uranio (235) e il plutonio (239), elementi comunque produttori di radiazioni e, potenzialmente capaci di inquinare l’atmosfera, oltre al terreno e alle falde acquifere, per centinaia di anni.
Allo stesso modo da quando le centrali nucleari furono attivate (la prima a produrre energia per scopi commerciali sorse nel 1956 in Inghilterra a Calder Hall) non sono mancate le polemiche e le perplessità sulla loro sicurezza, rafforzate anche da una lunga catena di incidenti di svariata gravità. E il fatto che ora ad avere paura siano gli efficientissimi e tecnologissimi giapponesi non fa che alzare il timore sulla capacità dei nostri impianti e di quelli sparsi in Europa di reggere ad eventuali danneggiamenti.
Proprio per fornire uno strumento che consenta un controllo di queste situazioni, l’Iaea, l’International Atomic Energy Agency, ha messo a punto nel 1989 uno specifico indicatore destinato – così avviene, ad esempio, con la scala Mercalli nel caso dei terremoti – a definire la gravità crescente degli eventi nucleari o radiologici. La Scala Ines, appunto (International Nuclear and Radiological Event Scale) che assegna un punteggio all’evento, indipendentemente se questo si sia verificato all’interno o all’esterno dell’impianto.
I livelli individuati sono sette e vanno dagli incidenti veri e propri (così classificabili a partire dal quarto fino al settimo livello) ai guasti (dal terzo al primo livello). Il livello zero indica una semplice “deviazione“ dagli standard di sicurezza normale. Va considerato che si tratta di una scala logaritmica e quindi il passaggio da un gradino all’altro indica che l’evento ha una portata almeno dieci volte superiore a quello precedente.
Purtroppo la scala è stata usata numerose volte. E non solo per i “guasti” ma anche per eventi davvero clamorosi. Come quello di Chernobyl dove la somma di errori umani e difetti di fabbricazione, provocarono la fusione del nocciolo e la contemporanea esplosione (causata dal vapore accumulato) della copertura del reattore n.4 con il rilascio nell’atmosfera di una grande quantità di vapore radioattivo. Quello di Chernobyl, allo stato attuale è stato certamente il disastro più rilevante e al quale sono attribuibili – direttamente – il maggior numero di decessi. I timori che ne derivarono a livello mondiale furono tali da incidere pesantemente sulla costruzione di nuove centrali rallentando la costruzione di nuovi reattori nucleari. Attualmente nel mondo ce ne sono in funzione poco più di 440.
Sostenitori e detrattori del nucleare restano dunque su sponde che appaiono lontanissime: ciascuna delle parti porta a suo favore studi e indagini. Resta il fatto che, in ogni caso, come per ogni attività umana, il rischio insisto nell’utilizzo dell’energia nucleare c’è ed è assai elevato. E le esperienze passate non risultano affatto rassicuranti.
Il dibattitto in Italia
Da anni, tuttavia, in Italia si è tornato a parlare della necessità di riportare il nucleare nel nostro Paese. La crisi energetica impone delle scelte. E il referendum del 1987 che con cui gli italiani decisero lo smantellamento degli impianti, secondo alcuni, non fu che il risultato della paura scatenata dal disastro di Chernobyl appena un anno prima. Ma oggi gli esperti assicurano i livelli di sicurezza sarebbero così tanto evoluti da scongiurare la possibilità di una seconda Chernobyl. È davvero così? Quello che sta accadendo in Giappone è l’occasione, per i detrattori del nucleare, di enfatizzare che la parola sicurezza, con il nucleare, non esiste. Una polemica “macabra, strumentale e di pessimo gusto”, secondo il ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo, perché usa la tragedia giapponese a proprio favore. Ma l’Italia, fa sapere Prestigiacomo, non ha alcun intenzione di fare dietro front sul ritorno al nucleare: “Gli impianti nucleari di Fukushima sono costruiti con una tecnologia di 50 anni fa, molto diversa dalle centrali di terza generazione che saranno realizzate nel nostro Paese”, afferma il ministro dell’Ambiente, a cui si unisce il ministro degli Esteri Franco Frattini: Tutti si strappano i capelli quando succede un incidente. Noi dobbiamo pensare a che cosa succederà se non ci attrezziamo con un’energia di ultima generazione nucleare e quindi di energia pulita”. E poi, ha aggiunto Frattini, “Il Giappone ha rischio sismico elevatissimo e centrali non dell’ultima generazione, e che malgrado un sisma di 9 gradi non sono esplose. L’Italia non è paragonabile al Giappone per intensità sismica, e nessuno ha mai immaginato di fare una centrale nucleare in Italia in zona sismica”.
Pro nucleare sono anche Udc e Futuro e libertà. Ma l’opposizione insorge. I Verdi parlano di “follia atomica” e il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, afferma che “siamo, stati siamo e saremo contro il piano nucleare del governo”. Secondo il segretario di Alleanza per l’Italia, Francesco Rutelli, quanto sta accadendo in Giappone “proietta un punto interrogativo enorme sul programma nucleare italiano”.
E c’è da aspettarsi che il dibattito diventi sempre più acceso man mano che si avvicina la data del 12 e il 13 giugno. Quando, con un referendum, saranno gli italiani a decidere se il nucleare tornerà o no nel nostro Paese.
Qutidianosanita.it – 16 marzo 2011