Tesi Krugman: è la siccità, bellezza Chi c’è dietro il rialzo dei prezzi degli alimentari? La Spectre? La speculazione mondiale?
No, dietro gli aumenti dei prezzi agricoli c’è la siccità e la crescente domanda cinese, oltre alla sottovalutazione dello yuan, risponde pronto Paul Krugma, Nobel per l’economia, sul Sole 24 Ore di ieri. La risposta punta dritto sull’economia surriscaldata dei mercati emergenti che fa incetta di prodotti in un vortice inflazionistico. Secondo altri commentatori gli aumenti dei prezzi dei cereali sarebbero invece conseguenza delle iniziative di Quantitative Easing (QE) di Ben Bernanke, presidente della Fed. Per Krugman quest’ultima è una tesi «inverosimile che fa acqua da tutte le parti». Il mainstream: Bernanke sbaglia i conti Alla tesi di Krugman si oppone la “teoria del caos ” secondo cui «se il batter d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas, anche il rialzo dei prezzi degli alimentari può far saltare gli equilibri politici in Medio Oriente». Secondo questa tesi, gli aumenti dei cereali che hanno contribuito a causare i tumulti politici in corso nel mondo arabo sarebbero invece conseguenza delle iniziative di Bernanke. Perché? Perché le politiche di espansione quantitativa (Quantitative Easing – QE) determinano eccessi di liquidità che si riversano sui mercati delle commodity in questo momento in disequilibrio e così fanno incrementare i prezzi dei prodotti alimentari. Il legame è incerto Pier Carlo Padoan (Capo economista dell’Ocse ) Il legame tra il Quantitative Easing (QE) voluto dalla Federal Reserve di Ben Bernanke e l’inflazione alimentare è incerto, anzi non c’è evidenza di questo legame. Certamente la liquidità immessa dalla Fed ha uno spill over in tutto il mondo e infatti si è diretta nei paesi emergenti, in Cina ad esempio, dove peraltro l’impatto inflazionistico è maggiore per via del cambio fisso. Infatti chi assorbe di più non è il prezzo ma il cambio. Che se è flessibile come in Brasile assorbe meglio lo shock, se invece come in Cina è fisso ha un impatto maggiore. Insomma converrebbe anche a Pechino rendere il cambio dello yuan più flessibile. Per quanto riguarda l’inflazione alimentare, ci sono ragioni strutturali e speculative che la causano. L’aumento dei prezzi alimentari è dovuto a insufficienti investimenti e domanda in crescita in Cina e India. Si ripete quello che avvenne nel 2006 e 2008, cioè che la domanda cresce e l’offerta cala. Quanto ai fattori speculativi l’evidenza è mista. Quello che si sa è che lo scambio di contratti (futures sulle commodity) non ha un impatto rilevante. L’articolo continua sottoLe cause sono in Cina (Daniel Gros ,Presidente del Ceps ) Il Quantitative Easing di Ben Bernanke e la rivoluzione in corso nel mondo arabo: causa o effetto? A mio parere l’origine degli aspetti economici si trova piuttosto in Asia. La crescita dell’economia cinese (e di altri paesi emergenti) spinge la domanda per tutte le materie prime (petrolio, minerali e prodotti alimentari). I prezzi aumentano come pure gli introiti, soprattutto per i produttori di petrolio e minerali. Ma questi Stati (i paesi dell’Opec, la Russia e altri produttori di petrolio) risparmiano buona parte del reddito addizionale che ricevono. Ne consegue un eccesso di risparmio a livello globale con tassi di interesse che vanno verso lo zero. Ben Bernanke ha soltanto reagito a questa situazione. Si può discutere se il suo Quantitative Easing avrà l’effetto sperato. Ma se qualcuno è responsabile dell’aumento dei prezzi alimentari non è certo il governatore della Federal Reserve, ma l’operaio cinese che passa dalla ciotola di riso al Big Mac e dalla bicicletta all’automobile. Sbagliano gli emergenti (Eric Chaney , Capo economista di Axa Group )Non credo che la politica della Federal Reserve possa essere ritenuta responsabile per il rialzo dell’inflazione delle materie prime. Le mie stime sulle grandi economie emergenti come la Cina, l’India, il Brasile o l’Indonesia dicono che questi paesi sono già surriscaldati e stanno pertanto generando tensioni inflazionistiche globali. Le economie dei mercati emergenti dovrebbero accettare una rivalutazione delle loro valute, al fine di controllare l’inflazione. Il motivo per cui non lo fanno e perché hanno un problema di coordinamento: perché mai il Brasile dovrebbe accettare un apprezzamento del real se lo yuan cinese o il won coreano non si apprezzano anche loro? Il rischio concreto che si corre in questo momento è che, se i governi dei mercati emergenti non combattono l’inflazione, il compito ricadrà sulle spalle della Banca centrale europea e della Federal reserve, fatto che sarebbe controproducente in questa fase del ciclo economico. Troppa liquidità è un danno (Ann Berg , Ex direttore del Chicago board of trade ) Io non vedo come Krugman o Bernanke possano separare la re-flazione (inflazione più recessione) del mercato azionario degli Stati Uniti o il grande aumento del prezzo dell’oro (un gioco di inflazione) dal rialzo dei prezzi nei prodotti alimentari, dicendo che i prodotti alimentari sono strettamente guidati dai fondamentali. Molte aziende sollecitano l’acquisto di prodotti agricoli di base come copertura contro l’inflazione, fatto che punta il dito direttamente sulla politica della Fed. In altre parole, il Quantitative Easing è un fattore che inietta liquidità nel mercato per ridurre i tassi a lunga, ma chi può dire dove va questa liquidità? Certo che l’inflazione alimentare è causata dal calo dell’offerta (causata da investimenti insufficienti), e da un aumento della domanda, ma anche il denaro a basso costo è un fattore che spinge al rialzo i prezzi alimentari visto che il cibo è una commodity perfetta. Infine l’aumento dei tassi di interesse nei mercati emergenti ha scarse possibilità di frenare l’aumento dei prezzi alimentari. Il QE accelera le quotazioni (Fabio Fois, Economista di Barclays capital ) La relazione tra QE2, quella che mette sul piatto 600 miliardi di dollari per acquistare T-bill per ridurre i tassi a lunga, e l’aumento dei prezzi delle commodity esiste. È vero che il rally delle commodity esiste ed è determinato da calo dell’offerta (siccità, incendi, alluvioni) e da domanda in aumento (Cina). Ma se tu sei in un mondo dove la liquidità costa poco (come se gli elicotteri gettassero banconote su piazza Duomo a Milano), il mercato si riequilibra e i tassi scendono. Con tanta liquidità in giro cerchi di farla fruttare e quindi vai nei mercati in disequilibrio come quello delle commodity. Ad agosto le materie prime sono aumentate e a novembre c’è stato il QE2. Ti indebiti a poco e compri commodity in un mercato in disequilibrio. Quindi il QE non è la causa degli aumenti ma un fattore di accelerazione dei prezzi. Certo c’è anche il fattore scorte ma la forte iniezione di liquidità facilità il rialzo dei prezzi. L’inflazione alimentare però non avrà un passo veloce perché la componente lavoro nell’Eurozona (che pesa per circa il 40% sul prezzo finale) è pressoché ferma. È benzina sul fuoco (Jeffrey Sachs , Stanford University) Crescono i prezzi delle commodity e ancora una volta questo incremento mette in pericolo la crescita globale. Vero è che la produzione di generi alimentari nel mondo è stata colpita dall’aumento della crescita della domanda, dalla siccità e dalla mancanza di investimenti. L’economia cinese è oggi venti volte più ampia di quando iniziò la riforma del mercato nel 1978; l’economia indiana è aumentata di quattro volte dal 1991, quando iniziò la stagione delle liberalizzazioni. La domanda di risorse in tutto il mondo è aumentata e presto sarà ingovernabile se non ci sarà una scelta a favore delle tecnologie sostenibili e una decisa azione destinata a contenere la popolazione mondiale. Ma il primo e più semplice passo per frenare questi problemi sarebbe quello di cessare con la politica di Quantitative Easing della Federal Reserve. Questo potrebbe sembrare un fatto periferico ma la Fed sta buttando benzina sul fuoco delle materie prime, ignorando i segnali di aumenti dei prezzi degli asset e rischiando un nuovo ciclo di fallimenti.
Ilsole24ore.com -20 febbraio 2011