Mozzarella blu, prosciutto arancione e pasta rossa: niente paura, sono brutti ma non cattivi. Parola di agronomi e veterinari, forti di studi del settore che hanno da tempo individuato in particolari microrganismi innocui i responsabili di queste “mostruosità”.
Una giornata di studio, organizzata ieri nel “pentagono” di Agripolis a Legnaro, ha indagato da un punto di vista scientifico le alterazioni cromatiche dei cibi, per ridimensionare alcuni allarmismi, partendo dal più recente: il caso delle mozzarelle blu. Tutta colpa di un microbatterio, lo pseudomonas fluorescens, presente nell’acqua usata per la lavorazione, che alterava il bianco originario una volta a contatto con l’aria, come ha ricordato il dr. Renzo Mioni (Igiene Alimenti dell’Istituto Zooprofilattico veneto). Il cambiamento di colore degli alimenti riservò delle sorprese anche ai consumatori di qualche secolo fa. Nel 1263 l’azione di altro batterio, il serratia marcescens, fece scaturire alcune gocce rosso sangue da un’ostia durante una messa a Bolsena. Gridarono al miracolo, Raffaello gli dedicò un affresco secoli dopo. Il microrganismo fece scalpore anche nel 1819, a Legnaro, quando tinse di rosso la polenta: un farmacista, Bartolomeo Bizio, non si fece impaurire da quella che chiamò “prodigiosina”, diventando il precursore della moderna microbiologia. Sotto controllo degli esperti anche gli attuali additivi e coloranti, anche se per esaminare il resorcinolo, usato con i crostacei come antiossidante, non esistono ancora laboratori adatti.
Il Gazzettino di Padova 9 febbraio 2011