All’indomani della conferma al vertice della Fiaso, il presidente Giovanni Monchiero, traccia un “bilancio positivo” dei suoi primi due anni da presidente e rilancia sulla governance in sanità: “Servono criteri di responsabilità chiari, condivisi e trasparenti”. E poi sulle prospettive per il 2011 che “sarà anche peggiore del 2010” e sul riparto dei fondi bloccato in Conferenza delle Regioni: “È bene approfondire i criteri ma è giusto che volta raggiunta l’intesa ognuno faccia il ‘fuoco con la propria legna’ perché non va bene che ci siano Regioni con buchi miliardari”.
Presidente, all’indomani del rinnovo del suo incarico come valuta i suoi primi due anni al vertice della Federazione?
L’ultima assemblea in cui sono stato confermato alla guida della Federazione è servita sia per effettuare qualche ricambio, il tutto è avvenuto con un clima di serenità e con il desiderio di dare continuità alle nostre iniziative. Il bilancio non può che essere positivo, la Federazione in questi ultimi anni si è contraddistinta come un importante punto di riferimento per i nostri associati e posso affermare che la nostra prima mission, ovvero rappresentare il punto di vista delle aziende, è stata centrata con successo.
Neanche un difetto in questi due anni di gestione?
Se si analizza tutto ciò che si è fatto spunta sempre una piccola critica di autoreferenzialità ma nel complesso l’audience suscitata dalle iniziative che abbiamo messo in campo è cresciuta in questi ultimi anni e il bilancio non può che essere positivo.
Quali saranno allora i tasti su cui continuerete la vostra opera di pressione?
Sicuramente i temi più vivi che interessano Fiaso sono quelli attinenti alle logiche di governance sia interne alle aziende che esterne.
A questo proposito anche in questa legislatura è bruscamente fallito un Disegno di legge che aveva proprio come oggetto la governance sanitaria.
Il fallimento di quel Disegno di legge evidenzia come il sistema non abbia ben focalizzato i problemi attinenti la governance. Per cui le differenze politiche alla fine prevalgono sulle logiche complessive di sistema e non si riesce mai a trovare la quadra fra le istanze dei vari soggetti.
Il problema, però, rimane. Cosa si può fare?
Io credo che anche una normativa nuova possa avere un tasso di utilità, ma più che di legge abbiamo bisogno di comportamenti che siano coerenti e condivisi tra i vari attori. A questo proposito Fiaso sta lavorando ad un interessante laboratorio sulle logiche di governance del sistema che prende in esame tre momenti fondamentali: le relazioni Stato-Regioni, Regioni-Aziende e le quelle interne alle Aziende stesse. Spero che al più presto si arrivi alla pubblicazione dei risultati e che ciò possa servire per far comprendere come questi tre momenti diversi debbano essere legati. Insomma, crediamo che su questo punto ci sia ancora molto lavoro da fare.
Con la crisi si sente sempre più parlare dell’ingresso dei privati nella sanità. È una ricetta che può funzionare?
Non sono a priori contrario alla collaborazione con i privati. Ci sono delle formule che non hanno ottenuto buoni risultati ma in altri casi hanno avuto successo. L’importante, in ogni caso, è che il Ssn sia governato dalla mano pubblica altrimenti c’è il rischio di un’americanizzazione del sistema che non ci possiamo permettere a livello economico. Ricordo che gli Usa (tra spesa pubblica e privata) spendono quasi il triplo di noi, mentre l’Italia è tra gli stati che spende meno per la sanità in rapporto al Pil pur garantendo l’assistenza a tutti i cittadini.
Poche risorse, appunto, cosa prevede per questo 2011?
Sarà anche peggiore del 2010. La scarsa disponibilità di risorse renderà la vita dura sia agli amministratori sia agli operatori sanitari. Penso al blocco del turnover per le Regioni sottoposte a Piano di rientro dove la necessità di un ricambio è di fatto bloccata. Insomma non prevedo un anno facile. Certo, le difficoltà non possono essere un alibi per non utilizzare le risorse al meglio, anzi le difficoltà devono servire da stimolo per migliorare. Uno stimolo che mi sento di poter affermare, in questi ultimi dieci anni è stato raccolto e se il sistema è ancora in piedi questo è gran parte merito delle aziende.
Il federalismo sembra avvicinarsi sempre di più anche se in molti sembrano storcere il naso. Lei che idea si è fatto?
Il federalismo è un nome che può piacere, e in molti casi non piace, ma in esso si nasconde una visione che dobbiamo farci piacere. Mi riferisco alla responsabilizzazione, un principio, un modus agendi a cui dobbiamo arrivare assolutamente. Il punto è che dobbiamo avere delle regole per la spartizione dei fondi condivise, precise e trasparenti, così come lo devono essere le verifiche economiche fatte sulle aziende. A me sembra che in questo momento la lettura dei dati regionale sia, seppur superficiale, più o meno abbastanza attendibile, mentre la contabilità economica delle singole aziende non lo è.
Per quale ragione?
Le aziende hanno una contabilità economica che non viene utilizzata ed è stata taroccata in modo da renderla una mera contabilità finanziaria. Quest’ultima ha un grosso difetto, ovvero di essere essenzialmente una differenza algebrica tra entrate e uscite. E così accade che se i criteri con cui vengono fatti i bilanci non sono trasparenti è chiaro che il risultato non è significativo. È per questo che servono dei criteri di responsabilità chiari e trasparenti, soprattutto nei rapporti tra le Regioni e le singole aziende.
A proposito di Regioni, come giudica le difficoltà sull’intesa per il riparto delle risorse?
È bene che si approfondiscano i criteri di finanziamento ma una volta raggiunta l’intesa è bene che ognuno faccia il ‘fuoco con la propria legna’ perché non va bene che ci siano Regioni con buchi miliardari. Lo ripeto servono criteri trasparenti e condivisi che responsabilizzino gli attori e la politica della Fiaso va proprio in questa direzione.
Luciano Fassari – Quotidianosanita.it 25 gennaio 2011