Gli entomologi: calo del 96%, impollinazione a rischio
Gli indiziati sono gli stessi che provocano la moria delle api: la scarsa variabilità genetica che indebolisce il sistema immunitario della specie, i pesticidi, le onde elettromagnetiche (che potrebbero disorientare gli animali), un acaro parassita detto Varroa destructor e il riscaldamento globale, che sconquassa gli ecosistemi. Sia come sia (ovvero, un concorso di cause) dopo le api adesso tocca ai bombi, gli insetti pelosi e ronzanti, piuttosto grossi e appariscenti (hanno una livrea di larghe bande gialle e nere) ma tutto sommato poco aggressivi che vediamo – e dovremo augurarci di vedere sempre più – volare d’estate. Sono ottimi impollinatori, grazie alle loro dimensioni, alla lunga «lingua» che sugge il nettare e anche alla frequenza del loro ronzio.
Negli Stati Uniti è una strage: meno 96 per cento negli ultimi decenni, massimo allarme e conseguenze devastanti per l’agricoltura, settore importante nell’economia americana. Con la moria di api e bombi si registra un drastico calo dell’impollinazione delle piante selvatiche e di allevamento: tra le colture più toccate quella delle mandorle (meno 30 per cento, gli stati Uniti sono il primo produttore mondiale e avrebbero bisogno di un milione di alveari per l’impollinazione), delle zucche, degli zucchini, dell’avocado, dei broccoli, dei kiwi, delle angurie, delle more, delle fragole, dei mirtilli e degli agrumi.
Il 90% delle piante commerciali nel mondo – dalle più comuni specie di frutta e verdura ai semi di soia e di caffè, al cotone – dipendono dall’impollinazione delle api, fondamentali per aumentare le rese. I bombi sono invece preziosi per impollinare piante selvatiche come i frutti di bosco, e per i pomodori.
Il segnale è dunque molto inquietante: il mercato statunitense – teme qualcuno – rischia di non essere più in grado di soddisfare la domanda orticola e di frutta della popolazione. Sydney Cameron, entomologo dell’Università dell’Illinois, ha guidato un team che ha studiato per tre anni la distribuzione, le diversità genetiche e gli agenti patogeni che colpiscono le otto specie di bombi degli Stati Uniti. Risultato: quattro specie sono diminuite del 96%, un vero disastro – avvenuto negli ultimi vent’anni – comune all’Inghilterra. Nel Regno Unito tre delle 25 specie di bombo sono già estinte – rileva il Centro di Ecologia e Idrologia del Regno Unito – e la metà è in netto declino. Il calo arriva anche al 70%. Quasi un suicidio biologico, per un sistema agricolo (e non solo) drogato dalle multinazionali della chimica e della farmaceutica.
Le api, a quanto pare, vengono uccise da sostanze chiamate «neonicotenoidi», impiegate per conciare le sementi: con la crescita della pianta questi veleni verrebbero espulsi attraverso gli essudati, avvelenando gli insetti che vi vengono a contatto. Insieme alle api sono in grave declino anche altri impollinatori fondamentali come falene, sirfidi (simili alle vespe, hanno addome giallo e nero e si nutrono di nettare) e le «crisope», insettini verdi molto comuni d’estate, con ali trasparenti che assomigliano alle libellule: gli adulti hanno grandi occhi sporgenti, le larve mangiano gli afidi con curiose mandibole a forma di falce.
La strage di insetti utili all’agricoltura (come le coccinelle) e degli impollinatori (api, farfalle e sirfidi impollinano circa un terzo delle colture in tutto il mondo) suscita dunque un allarme mondiale. Se tutti gli insetti impollinatori del Regno Unito venissero spazzati via – scrive il Guardian – nel Regno Unito si verificherebbe un calo della produzione vegetale che costerebbe all’economia nazionale anche 440 milioni di sterline l’anno, pari a circa il 13% del reddito agricolo del Regno Unito.
Il crollo della popolazione di api e di bombi, dunque, non è un segnale da prendere sotto gamba: in Inghilterra, per studiare il fenomeno, è stato inaugurato un programma finanziato con dieci milioni di sterline. Ma anche a livello mondiale sono molti gli scienziati che tentano di scongiurare questa gravissima minaccia per le colture: si stima che un terzo di tutto quello che mangiamo dipenda dall’impollinazione delle api. In ballo ci sono le nostre risorse alimentari e una montagna di soldi della produzione agricola globale.
Insomma, anche dalle piccole api e dai bombi dipende l’esistenza del pianeta. Serve a qualcosa ricordare la profezia attribuita ad Albert Einstein, secondo la quale nel momento in cui dovessero estinguersi le api all’umanità non resterebbero che pochi anni di vita? Servono altri segnali come questi, giganteschi? Agli insetti impollinatori è legata una catena alimentare di importanza vitale, che arriva fino a noi e sostiene anche uccelli selvatici e molti altri animali. La stiamo spezzando.
lastampa.it
5 gennaio 2011