L’ultimatum del leader della Lega: «Siamo amici di Berlusconi. Puntare i piedi? Non lo faremo»
MILANO – Tra il 17 e il 23 gennaio il federalismo «deve passare»: è tassativo su questo Umberto Bossi, che parla da Calalzo (Belluno) la mattina dopo «la cena degli ossi» con i ministri Tremonti e Calderoli. «In quel periodo c’è il problema che il federalismo deve passare l’ultimo decreto attuativo nella commissione bicamerale – ha detto – quindi se non passa quella cosa lì, non possiamo portare il federalismo in Consiglio dei Ministri. Io sono convinto che passi». Ad una domanda se ci sia un rischio per il governo riguardo alla mozione di sfiducia sul ministro Bondi, Bossi risponde: «Non penso, di rischioso c’è solo che la Lega punti i piedi, e basta. Ma noi non li puntiamo – ha aggiunto – siamo amici di Berlusconi, l’importante è portare a casa il federalismo, presto».
DEPUTATI IN CRESCITA – I «numeri» di Berlusconi «stanno crescendo»: ne è convinto Bossi, il quale alla domanda se bastino dieci deputati a sostegno del governo ha risposto: «non lo so, ma stanno crescendo». Circa la telefonata intercorsa martedì tra Berlusconi e i partecipanti alla «cena degli ossi» di Calalzo, Bossi ha detto di aver «sentito che con Berlusconi ha parlato solo Tremonti». «Io – ha aggiunto – gli ho fatto solo gli auguri, cosa c’entrano gli auguri con la politica?».
SINDACO DI MILANO – Bossi ha spiegato poi di non aver ancora sciolto la riserva sull’appoggio della Lega alla ricandidatura di Letizia Moratti a sindaco di Milano nelle prossime amministrative. «Sono accordi che si fanno con Berlusconi e con la Moratti, vedremo», ha risposto ai giornalisti a Calalzo di Cadore. Il leader leghista ha poi spiegato che la posizione del partito verrà definita durante una riunione del coniglio federale della Lega ad hoc che si terrà prossimamente a Milano. Il giudizio nei confronti del sindaco uscente è tutto sommato positivo: «La Letizia mi piace – ha detto Bossi .- si dà da fare, poi avrebbe bisogno attorno di gente più creativa».
ANNIVERSARIO ITALIA UNITA – L’Italia è un Paese «diviso in due», riguardo alle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità nazionale ha poi aggiunto Bossi che è ritornato sul tema del compleanno dello Stato unitario. Secondo il leader della Lega, nel Paese c’è «chi sente che è una cosa positiva e la festeggia, e ci sono altri che non la festeggiano».
VENETO – Bossi ha detto poi che occorre stringere le fila per attuare il federalismo: nè è esempio il modello Veneto, dove il futuro segretario leghista dovrà essere «uno che non rompa le palle» da decidere al congresso della Lega e l’unico federalismo che conti è quello che si decida a Roma. Se l’attuale sindaco di Verona Flavio Tosi sembra vox populi il favorito per la segretaria in scadenza, Bossi dice però che «non è designato nessuno: vai al congresso è chi vince diventa segretario». «Finora Gobbo ha lavorato bene come segretario in Veneto – prosegue il Senatur – speriamo solo che venga uno che non rompa le palle, uno che non si faccia intrappolare dai miraggi romaneschi: Roma usa sempre “divide et impera” ma non penso che ci sia questa possibilità allo stato dell’arte».
PONZELLINI – Bossi ha poi rivendicato la la nomina di Massimo Ponzellini a presidente della Banca Popolare di Milano. «L’ho scelto io quando c’era la nomina alla Bpm», ha detto il leader della Lega. Bossi ha quindi negato l’ipotesi di voler candidare Ponzellini a sindaco di una grossa città alle prossimi elezioni amministrative: «Ne avete parlato voi». Il capo del Carroccio lo preferisce infatti alla banca. «Sì, una cosa per volta – ha detto in proposito -. È difficile farne due o tre per volta». Bossi ha quindi approfittato della citazione del banchiere per rivendicare il peso delle Regioni settentrionali per la credibilità creditizia del paese. «Ponzellini è andato a Londra. Se tu vai alla Borsa di Londra a chiedere un prestito – ha detto Bossi – lì ti dicono ma c’è Milano, la vera capitale di questo paese, c’è la Lombardia, c’è il Lombardo-Veneto. Allora ti danno il prestito, sennò ti mandano a fare in …, giusto per essere chiari».
Corriere.it
5 gennaio 2011