Allevatore sostenuto da ambientalisti:«Pronti a difenderci in tribunale»: macellazione è stata rinviata per 150 ovini
L’allevatore, sostenuto dagli ambientalisti vince primo round sul campo e salva dal macello le sue 150 pecore contaminate da diossina. Per ora. Ieri presidio di una ventina di persone schierate con Antonio D’Alessandro contro la soppressione dei suoi animali, ha fronteggiato per alcune ore i cinquanta poliziotti in assetto antisommossa, a loro volta schierati a difesa dei veterinari Asl. Alla fine, agenti e specialisti si sono dovuti ritirare. E l’operazione disposta dalla Regione è stata rinviata. Non era andata così, al mattino, nell’azienda Epifani, situata nella zona della Salina grande alle porte di Taranto: qui sono stati caricati tranquillamente altri 550 pecore su tre camion. Nessuna sorpresa: Epifani aveva condiviso la decisione della Regione e ora attende il risarcimento, pur parziale. Al contrario da D’Alessandro, nell’azienda lungo la circumarpiccolo, l’operazione non poteva filare liscio.
L’allevatore aveva già fatto sapere che si sarebbe opposto al prelievo delle pecore sostenuto in questa presa di posizione dal «tavolo verde» guidato da Paolo Rubino. La protesta è riuscita e attorno alle 15, all’arrivo dei due camion su cui dovevano essere caricati gli animali, gli allevatori hanno formato un fronte compatto che è stato fronteggiato da una cinquantina di poliziotti. Gli animali, sparpagliati nei campi erano difficili da recuperare. Dopo quattro ore di trattativa la raccolta del bestiame è fallita, i poliziotti sono andati via e tutto è stato rinviato. Dure le parole di Paolo Rubino. «Ci denuncino pure -ha dichiarato -le capre qui non le prendono. Qualche mese fa non hanno sollevato problemi dopo i ricorsi dell’allevatore, oggi eccedono. Ci denuncino, noi andremo in tribunale a spiegare le nostre ragioni. Chiediamo un appuntamento con l’assessore regionale Tommaso Fiore e con il comitato tecnico-scientifico con il quale avevamo trovato un’intesa sulla possibilità di utilizzare gli animali ammalati di diossina in una fattoria didattica. Poi all’improvviso tutto è cambiato e oggi ci sono gli ispettori per prelevare le capre» . Rubino sottolinea la tesi che le bestie contaminate dalla diossina sono le «sentinelle vere di cosa accade sul territorio» . «Dovrebbero ringraziare i pastori -commenta -le cui bestie sono in grado di tenere sotto controllo i valori dell’inquinamento. Qui invece ci troviamo di fronte alla politica spettacolo» .
L’operazione che avrebbe dovuto concludersi ieri è stata innescata molti mesi fa. Ora c’è il seguito dell’operazione alla quale D’Alessandro s’è opposto anche nelle aule dei tribunali amministrativi. Lui non vende né un litro di latte contaminato né mette in commercio la carne delle bestie ammalate che, quindi, non entra nella catena alimentare. Non vede pertanto per quale ragione i suoi animali debbano essere macellati. Né punta al risarcimento regionale dal momento che il rimborso è insufficiente a ripagarlo della perdita del suo patrimonio. In base alla legge, in ogni caso, il risarcimento dovrebbe essere a carico di chi inquina, ma un collegamento diretto tra azienda inquinante e fonte di emissione non è ancora stato stabilito. Per adesso paga la Regione. Due anni fa l’allevatore Fornaro ricevette 39mila euro per le pecore abbattute, addirittura insufficiente al solo mantenimento del bestiame durante il periodo di vincolo sanitario. Secondo Rubino infine «c’è un disegno per distruggere la zootecnia per agevolare l’acquisto di latte e carne dall’estero. C’è un legame strano tra quanto accade a Civitavecchia con i pastori sardi e Taranto»
Corriere del Mezzogiorno
30 dicembre 2010