Le testimonianze di esperti, veterinari e associazioni al processo contro l’allevatore di Campiano e Occhiobello, Giorgio Guberti
RAVENNA – C’è chi ha visto i cani sbranarsi, come quegli animalisti che erano arrivati sin agli allevamenti di Osteria e Campiano per rendersi conto di persona di ciò che stata accadendo là dentro. E c’è chi su quelle bestie aveva riscontrato situazioni di grave denutrizione e di carenza di assistenza sanitaria, come quella veterinaria di Occhiobello, nel rodigino, che aveva visitato i cani subito dopo il loro sequestro con trasferimento in una pensione della zona. Ma l’imputato, il veterinario Giorgio Giacomo Guberti, all’alba dei suoi 82 anni con fermezza ha smentito tutto, rivendicando semmai la validità scientifica del suo metodo d’allevamento. Secondo lui il vero problema era arrivato proprio da loro: dagli animalisti. Da “quella gente”, come ha continuato a indicarli durante tutto l’esame del pm, che con un approccio sbagliato aveva disorientato i pointer nelle loro abitudini determinando deperimenti e lotte tra esemplari. Ma la lunga maratona processuale di ieri, partita alle 9.30 e terminata attorno alle 16.30, non ha esaurito la fase istruttoria del processo contro Guberti che, a differenza delle previsioni della vigilia, si concluderà solo il 2 febbraio prossimo con gli ultimi tre consulenti tecnici. Nel calendario fissato dal giudice Corrado Schiaretti troviamo ora anche la data della discussione e della probabile sentenza: 24 febbraio.
Il gruppo di animalisti riminesi che per primi fecero visita agli allevamenti i giorni precedenti il sequestro da parte della Forestale, è stato sentito ieri in aula. Uno dei rappresentanti ha testimoniato gli episodi visti tra i recinti di Campiano e Osteria. Come lo sbranamento osservato il giorno di natale: “10-12 cani contro uno, con certi lamewnti che non vorrei più sentire nella mia vita”.
Poi, anche il romano esperto di cani, consulente della Forestale durante il sequestro dei pointer: “Recinto e recinzioni non a norma. Poi i rifugi pieni di feci e terreno ridotto ad acquitrino”. Critiche anche al metodo di alimentazione e di abbeveraggio, così come al criterio di gestione delle famiglie.
Anche Liliana Casali, 60enne forlivese, presidente di “Animal Liberation”, ha detto la sua sulle condizioni degli animali dell’allevatore. “Mi offrii di tenere i cani il giorno del sequestro. Dal primo gennaio 2009 lasciai casa e lavoro e mi trasferii. In diversi abbiano fatto debiti personali”. Così come altre associazioni – ad esempio Occhio Verde -, impegnate in raccolte e iniziative come, tra le altre, il ricovero di 22 esemplari in clinica a Ferrara.
“Quei cani erano in condizioni terribili”, ha poi testimoniato la veterinaria consulente di parte civile e libera professionista a Occhiobello che per prima visitò i Pointer. Secondo l’esperta, in una scala da 1 a 5 (dove 1 è scheletrico e 5 è obeso) quei cani sicollocavano perlopiù su 2, alcuni su 1, quando invece un pointer sano dovrebbe attestarsi su 3,5-4.
31 dicembre 2010
Romagna Noi