E ora sulle cause della cattiva conservazione di dieci milioni di uova, custodite allo stabilimento della Monaldi di Vigasio, sigillate il 15 settembre e dissequestrate dalla procura, le indagini si rivolgono verso chi doveva fare i controlli ovvero i veterinari dell’Ulss 22.
Gli inquirenti vogliono chiarire come mai si è arrivati a conservare quegli alimenti per un valore pari a due milioni di euro senza che nessuno tra i veterinari si accorgesse delle irregolarità. Sugli sviluppi di questi accertamenti, però, gli investigatori dei Nas, il Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri, coordinati dal pm Federica Ormanni, non aggiungono molto di più. Fino ad oggi, però, non sarebbero stati iscritti altri nomi nel registro degli indagati oltre alla titolare del gruppo Monaldi, Elena. L’imprenditrice è accusata di aver violato la legge risalente al 1962 sulla custodia e conservazione di alimenti. Per la procura, avrebbe conservato le uova nella sporcizia e con la presenza di parassiti e roditori. Il suo legale, l’avvocato Nicola Avanzi, ha presentato già in ottobre un’istanza di dissequestro delle uova ma il tribunale del riesame l’ha respinto. Poi, però, la procura ha fatto togliere i sigilli dopo che ha constatato come l’azienda si era adeguata autonomamente ad alcune prescrizioni, chieste dagli stessi inquirenti. Le dieci milioni di uova sono state poi vendute dal gruppo Monaldi per un consumo non umano a livello cautelativo. Ora si attendono le prossime decisioni della difesa dell’imprenditrice che potrebbe chiedere il patteggiamento o l’oblazione, il pagamento di una multa che estinguerebbe il reato.
L’Arena
19 dicembre 2010