Due circolari, una della Funzione Pubblica e l’altra dell’Inps, sintetizzano le nuove norme sui permessi per l’assistenza ai familiari con disabilità grave. Si restringe il campo delle persone che possono richiede i tre giorni mensili di assenza dal lavoro: il grado di parentela dovrà essere ali limite di secondo grado e non più terzo, come previsto precedentemente. Salvo eccezioni.
Con l’entrata in vigore, lo scorso 24 novembre, della legge n.183/2010 (Collegato lavoro), il regime dei permessi per l’assistenza ai portatori di handicap in situazione di gravità è stato parzialmente modificato. Chiarimenti sulle nuove norme arrivano da due circolari, rispettivamente del Dipartimento della Funzione Pubblica, (n. 13 del 6 dicembre 2010), e dell’INPS, (n. 155 del 3 dicembre 2010).
Le circolari si soffermano, in particolare, sulle disposizioni relative ai soggetti legittimati a fruire dei permessi, all’eliminazione dei requisiti della convivenza, continuità ed esclusività dell’assistenza prestata dal lavoratore, alla disciplina del diritto di trasferimento, alla decadenza nel caso di insussistenza dei requisiti. Prevista l’istituzione di una banca dati presso il Dipartimento della Funzione Pubblica.
Oggetto di ampio dibattito è stato anche quello della terminologia da utilizzare per indicare le persone con disabilità, per “evitare espressioni o definizioni che possano recare insitamente un’idea di disvalore, promuovendo invece l’uso di termini e concetti che consentano di mettere in risalto il valore derivante dalla diversità”. A livello internazionale, è ormai diffuso il concetto di “persona con disabilità”, ma “ragioni di chiarezza” hanno indotto a utilizzare ancora l’espressione “persona in situazione di handicap”, già presente nei testi legislativi del nostro Paese.
Quanto alle novità, la principale riguarda i soggetti legittimati a fruire dei permessi per assistere una persona in situazione di handicap grave, che spetta al coniuge e ai parenti ed affini entro il secondo grado. Rispetto alla normativa previgente, la nuova disposizione da un lato ha menzionato espressamente il coniuge tra i lavoratori titolari della prerogativa, dall’altro ha posto la limitazione dei parenti ed affini entro il secondo grado(sono parenti di primo grado: genitori, figli; sono parenti di secondo grado: nonni, fratelli, sorelle, nipoti figli dei figli; sono parenti di terzo grado: bisnonni, zii, nipoti figli di fratelli e/o sorelle, pronipoti in linea retta. Sono affini di primo grado: suocero/a, nuora, genero; sono affini di secondo grado: cognati; sono affini di terzo grado: zii acquisiti, nipoti acquisiti).
Data la regola generale, la legge ha però previsto alcune eccezioni. Ad esempio i casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti. In questo caso la legittimazione alla titolarità dei permessi può essere estesa anche ai parenti e agli affini entro il terzo grado.
La legge non ha definito la nozione di “patologie invalidanti”. Come punti di riferimento è stato quindi scelto l’art. 2, comma 1, let. d), del decreto 21 luglio 2000, n. 278, che cita: “1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; 2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali; 3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario”.
Si può passare dal secondo al terzo grado di parentela anche nel caso di decesso o assenza del coniuge o del genitore della persona in situazione di handicap grave.
Il diritto alla fruizione dei permessi, comunque, “non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità”. Però, sottolineano le circolari, le nuove norme non precludono espressamente la possibilità per lo stesso dipendente di assistere più persone in situazione di handicap grave, con la conseguenza che, ove ne ricorrano tutte le condizioni, il medesimo lavoratore potrà fruire di permessi anche in maniera cumulativa per prestare assistenza a più persone disabili.
Altra eccezione nel caso di genitori che assistono un figlio in situazione di handicap grave. Fermo restando il limite complessivo dei tre giorni mensili, è riconosciuto il diritto è ad entrambi i genitori, anche adottivi, di usufruire dei permessi alternativamente. Ma la fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo dovrà essere alternativa e non cumulativa nell’arco del mese.
Uno dei requisiti essenziali per la concessione dei permessi lavorativi è l’assenza di ricovero a tempo pieno della persona con grave disabilità. Abrogati invece convivenza, continuità ed esclusività.
Quotidianosanita.it
9 dicembre 2010