Il rapporto Cresme rivela una situazione di stallo, tra blocco del turnover nelle aziende sanitarie e scarse garanzie remunerative per chi opta per la libera professione
Veterinario: una professione in difficoltà. I giovani veterinari, si legge nel rapporto Cresme sul lavoro intellettuale, promosso dal Comitato unitario professioni (in sigla Cup, presieduto da Marina Calderone), “si trovano ormai sempre più schiacciati da mercati ormai chiusi e statici”.
La libera professione, che spesso viene scelta in assenza di altro sbocco professionale, considerato il mancato turn over delle aziende sanitarie, non offre garanzie di stabilità economica.
“La precarietà dei giovani medici veterinari – spiega Gaetano Penocchio, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici veterinari – non riguarda solo le difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro, ma anche le condizioni occupazionali, sia in termini di continuità che di reddito: ben il 52,9 per cento non ha entrate stabili. Nei primi dieci anni di professione il reddito medio è di poco inferiore a 870 euro mensili a fronte di un impegno a tempo pieno”. A penalizzare le prospettive occupazionali c’è anche il sovraffollamento degli Albi.
“La nostra situazione è particolare e precaria – precisa il presidente Penocchio – , perché il nostro mondo professionale accusa una iperpopolazione”.
Oggi in Italia sono attivi tredici corsi di laurea “che producono – dice il presidente della federazione – circa mille veterinari l’anno. Si tratta di nuovi colleghi iscritti agli Ordini ed è evidente che un mercato così soffra. In Francia, ad esempio, le facolta di Medicina veterinaria sono soltanto quattro”.
“Certo – conclude Penocchio – siamo una professione che da anni chiede di rivedere le proprie regole, vogliamo contare per quello che siamo e per quello che facciamo”.
Denaro.it
7 dicembre 2010