A Bruxelles inizia la revisione della Politica agricola comune: si avvia un test che si concluderà a luglio
La nuova Pac rischia di trasformarsi in una scure sugli aiuti alle imprese agricole italiane. E gli industriali dell’alimentare si appellano al ministro Giulio Tremonti affinché tuteli l’interesse nazionale. “Ballano”, secondo alcune stime, circa 1,4 miliardi su 4,9 di finanziamenti all’anno. Oggi infatti il commissario europeo all’agricoltura, Dacian Ciolos, dichiarerà (nell’aula plenaria davanti a 560 ospiti) ufficialmente chiusa una fase che dura da 50 anni: non più aiuti europei assegnati su base “storica” agli agricoltori, ma una nuova Politica agricola comune del dopo 2013 calibrata su un nuovo criterio e destinata all’agricoltura sostenibile e di qualità. «Oggi inizia il negoziato – frena Paolo De Castro, presidente della commissione agricoltura del parlamento Ue – e le somme le tireremo in luglio. Discuteremo dei nuovi criteri e soprattutto non accetteremo la nuova Pac senza prima aver capito le risorse a disposizione».
Ma un ulteriore danno al sistema Italia potrebbe arrivare dal fallimento delle trattative per l’approvazione della finanziaria europea per il 2011: si aprirebbe un buco di cassa di almeno due miliardi. Che la riunione straordinaria dell’Ecofin, convocata per il 16 dicembre, cercherà di scongiurare.
Il presidente di Federalimentare, Gian Domenico Auricchio, ha inviato una lettera al ministro dell’Economia Giulio Tremonti per esprimere le preoccupazioni dell’industria alimentare italiana sul negoziato della nuova Politica agricola comune (Pac) che andrà in vigore dopo il 2013. Nella sua missiva Auricchio sottolinea che «l’industria alimentare italiana giudica in maniera estremamente negativa un eventuale ridimensionamento del budget comunitario destinato al settore». Secondo Auricchio, i maggiori pericoli per le risorse a disposizione della nostra agricoltura potrebbero arrivare dall’ipotesi di una «redistribuzione tra gli stati membri delle risorse finanziarie destinate agli aiuti diretti agli agricoltori». L’imprenditore ricorda che alcuni membri spingono per una ripartizione dei finanziamenti fra gli stati, basata esclusivamente sulla superficie coltivata come parametro di calcolo. E che «tale impostazione prescinde in sostanza da “cosa” e “quanto” si produce, trascurando proprio i parametri qualitativi che caratterizzano la filiera nazionale. Fra essi, la produzione lorda vendibile e il valore aggiunto: parametri tipici di una agricoltura di eccellenza, a carattere spiccatamente intensivo come la nostra».
Il nodo centrale della nuova Pac sta nell’allargamento della Ue: la necessità di ripartire in maniera più uniforme i fondi hanno convinto la Commissione circa la necessità di cambiare il sistema di attribuzione dei finanziamenti. Forse più orientato verso l’ettaro, la superficie coltivabile, con una conseguente diluizione e perdita di plafond per il nostro paese. Insomma l’Italia rischia di scendere dagli attuali 4,3 miliardi a 2,9 di aiuti. «Una soluzione assolutamente inaccettabile – interviene Sergio Marini, presidente di Coldiretti –. Ci sta che i finanziamenti complessivi all’Italia possano calare di qualche punto in seguito all’allargamento della Ue a Est, ma la misura deve essere molto contenuta, anche perchè l’Italia è già un contributore netto. Il rischio è di colpire le nostre produzioni, l’occupazione e creare un vantaggio competitivo dell’Est insostenibile».
Il tempo per calibrare la nuova Pac non manca: la proposta Ue verrà presentata oggi ma lo strumento legislativo sarà pronto a luglio, dopodiché trascorreranno 6/7 mesi per arrivare, secondo il principio delle codecisioni, alla soluzione con il parlamento europeo. In realtà stando alle indiscrezioni «la Commissione – sostiene Marini – si sarebbe orientata verso un compromesso che troverebbe anche il consenso di paesi come la Francia. Il metodo prescelto è quello dell’ettaro ma corretto da vari criteri: il valore aggiunto, l’occupazione e l’ambiente. Resta però da stabilire quale sarà il peso del criterio dell’ettaro e quale quello della qualità».
«Il metodo dell’ettaro – osserva De Castro – non ha senso se si pensa che l’Italia ha solo 8 milioni di ettari eleggibili contro i 26 della Francia e i 14 della Spagna. La qualità delle produzioni deve avere un peso importante».
Intanto, dopo il mancato accordo sulla finanziaria europea, il commissario al bilancio Lewandowsky ha dichiarato che a febbraio potrebbero mancare 6 miliardi per la Pac. «Il problema si porrebbe subito – conclude Marini – perchè all’inizio dell’anno gli stati membri incassano una buona fetta dei finanziamenti europei».
Sulla Pac l’Italia scenda in campo
A Bruxelles inizia la revisione della Politica agricola comune e per l’Italia si avvia un test che si concluderà a luglio. Sarà un modo per misurare la forza del sistema-paese su uno dei comparti di eccellenza delle tre A (alimentare, abbigliamento, arredo). Sui campi potrebbero piovere tagli: circa 1,5 miliardi in meno all’anno. Agricoltori, industriali e rappresentanze di categoria sono sul chi vive. Perché il principio che sembra destinato a passare è quello più elementare e fallace: tanti ettari, tanti fondi.
Con qualche correzione per valore aggiunto, occupazione e ambiente. Messo così l’esito sembra scritto: la Francia ha 26 milioni di ettari eleggibili, la Spagna 14, l’Italia solo 8. La Francia, che 50 anni fa è stata grande architetto della politica agricola europea, premerà con tutta la forza che le deriva dall’essere azionista di minoranza della joint con Berlino. L’Europa del “vinca il più forte” tenderà a seguire. E non sarà semplice far passare l’idea che agricoltura è valore aggiunto, qualità nei metodi e nelle coltivazioni, proprio quello che ha reso importante il made in Italy.
È in momenti come questo che si misura la forza real-politica di un paese. Finire come il vaso di coccio nello sballottato carro europeo è possibile, anzi probabile. Serve almeno uno sforzo corale per attutire l’urto e rilanciare. Se c’è ancora un giudice a Bruxelles.
Ilsole24ore.com
18 novembre 2010