«Il federalismo, se va tutto bene, arriva nel 2014; intanto noi siamo di fatto commissariati, perché non abbiamo margini reali di decisione».
Il ritornello è risuonato in tutti gli incontri lungo i quattro giorni dell’assemblea nazionale dei sindaci, che si è chiusa ieri a Padova, e non è solo questione di legge di stabilità. Nel “patto civile” lanciato dal presidente dell’Anci Sergio Chiamparino gioca per esempio un ruolo importante la questione del fisco locale, congelato dal 2008 e destinato a rimanere tale fino all’applicazione dell’imposta municipale disegnata dal decreto attuativo sul federalismo dei sindaci. «Non si capisce l’ostinazione con cui il governo ha deciso di bloccare le aliquote», commenta anche Gianni Alemanno, che all’Anci ha il ruolo di presidente del consiglio nazionale; Alemanno in questo caso non parla tanto da sindaco di Roma (la Capitale ha ottenuto nella manovra correttiva la possibilità di aumentare l’addizionale Irpef per fronteggiare il maxidebito maturato negli anni), ma sottolinea il rischio di effetti paradossali della norma anti-fisco: «Se non si può intervenire su Irpef e Ici – sottolinea –, rimane come unica alternativa l’aumento delle tariffe; è la manovra più iniqua perché colpisce chi ha più bisogno dei servizi locali, cioè le fasce più deboli».
I numeri danno sostanza al ragionamento, visto che l’ultimo rapporto Ifel (la fondazione Anci per l’economia e la finanza locale) presentato in primavera registrava per esempio un aumento medio del 12,3% in cinque anni nelle rette fissate dai comuni per gli asili nido e un rincaro del 26,4% nelle tariffe dell’acqua potabile. «Mettere le mani nelle tasche dei cittadini non piace a nessuno – chiosa il presidente dell’Anci Sergio Chiamparino –, ma almeno l’addizionale Irpef garantisce una progressività». Di qui la mancanza di «coerenza» lamentata dai sindaci, che chiedono al governo di correggere il decreto sul federalismo municipale inserendo lo sblocco della leva fiscale.
Una contraddizione simile torna agli occhi degli amministratori locali nel campo della riforma del pubblico impiego, che a gennaio dovrebbe debuttare integralmente anche nei comuni. Ieri il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha ricordato l’appoggio dei sindaci alla riforma: «Non eravate obbligati a condividerla – ha riconosciuto Brunetta parlando agli amministratori locali, invece vi siete detti pronti ad accogliere la riforma con grande senso di responsabilità». Il problema, anche qui, è rappresentato da un «blocco» a livello centrale, perché la manovra correttiva di luglio ha stoppato per tre anni la possibilità di ritoccare gli stipendi pubblici. «Flessibilità, responsabilità e produttività vanno di pari passo con le risorse per incentivare – sottolinea Chiamparino –; se non possiamo assumere, se non abbiamo risorse per fare i contratti locali, la flessibilità e la produttività rischiano di stare appese alle parole».
La prossima tappa della riforma dovrebbe puntare sulla digitalizzazione, che secondo Brunetta dovrebbe sfruttare l’occasione del nuovo censimento per diffondere le tecnologie Ict a tutti i livelli dell’amministrazione. Tra i provvedimenti in arrivo c’è anche il Codice dell’amministrazione digitale, che rischia però di impantanarsi un’altra volta nella crisi politica e parlamentare. Una crisi su cui Chiamparino chiede «chiarezza». «Se non c’è una maggioranza ben radicata in parlamento – sottolinea – l’unica alternativa sono le elezioni».
gianni.trovati@ilsole24ore.com
14 novembre 2010