Questa legislatura rischia di rivelarsi come la più faticosa e povera sul piano legislativo della storia repubblicana
Se di solito è la sessione di bilancio a mettere in fila in Parlamento tutti gli altri provvedimenti normativi, quest’anno è il clima politico e i cordoni della borsa chiusi da Tremonti a far arrancare l’esame di diversi disegni di legge. Primo fra tutti, la riforma Gelmini degli atenei, costretta a un pit-stop “forzato” alla Camera per via dei costi troppo alti, 1,7 miliardi fino al 2016 e, a regime, 400 milioni l’anno, per promuovere ad associato oltre 9mila ricercatori.
E se ce l’ha fatta, per il rotto della cuffia, il collegato Lavoro (approvato definitivamente lo scorso 19 ottobre, dopo una gestazione di due anni e comunque non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale) la partita si preannuncia in salita per il Ddl anticorruzione, attualmente fermo nelle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia del Senato. A rallentare l’iter di questo provvedimento, ci si è messo la scorsa settimana pure il lodo Alfano “costituzionale”, che dovrebbe scudare premier e capo dello Stato dai processi che li riguardino. A rallentare la marcia di quest’ultimo provvedimento pesa soprattutto il clima di contrapposizione tra le forze politiche all’interno della maggioranza, testimoniato dalla “portata politica” degli emendamenti presentati da Fli.
E che tra Pdl e Fli non corra proprio buon sangue anche l’approvazione di due emendamenti, uno dell’Mpa e uno dell’Udc, al Ddl di Stabilità sui fondi Fas, che cancellano la norma che dava facoltà alle regioni di chiedere che parte dei tagli siano effettuati sulla quota dei fondi Fas anziché sui trasferimenti per trasporto pubblico ed edilizia sanitaria. Nella votazione di oggi si sono registrati 24 voti a favore e 22 contrari, più un astenuto (il presidente, Giancarlo Giorgetti). Si è quindi verificato quanto paventato: Fli e Mpa hanno votato a favore della modifica insieme alle opposizioni, mettendo in minoranza Governo e maggioranza. Prima del voto il relatore Marco Milanese (Pdl) aveva proposto una modifica, sempre sui fondi Fas e concordata con l’Mpa, in base alla quale la ridestinazione di 1,5 miliardi di fondi Fas all’edilizia sanitaria sarebbe stata ripartita secondo la proporzione 85%-15 per cento.
Tornando invece ai lavori parlamentari, nel cassetto dei desideri, per ora, restano anche il cosiddetto testamento biologico (fermo in commissione alla Camera) e la riforma della professione di avvocato. Su quest’ultimo provvedimento, il Senato dovrebbe accelerare (e approvarlo in tempi rapidi), ma poi il provvedimento dovrà passare per le forche caudine di Montecitorio, che difficilmente rinuncerà a fare qualche modifica, con la conseguenza di rimandare ulteriormente il via libera di una riforma molto attesa. In altomare anche il Ddl sulle intercettazioni telefoniche e quello sul cosiddetto processo breve: entrambi argomenti “molto sensibili” per palazzo Chigi, ma entrambi fermi in commissione Giustizia alla Camera, per contrasti politici, più che per fare spazio alla sessione di bilancio.
In empasse anche i lavori del Senato, con la Carta dei doveri delle pubbliche amministrazioni e con il Codice delle autonomie, all’esame della commissione Affari costituzionali di palazzo Madama. Con una spada di Damocle sulla testa: se entrambi i provvedimenti non saranno approvati (previsione molto improbabile) entro metà novembre, rischieranno un pit-stop fozato per parecchio tempo, visto l’avvio al Senato della sessione di bilancio, che toglierà strada a tutte le altre leggi che prevedono spese.
L’allarme di Avvenire: «Povero Parlamento»
Sei leggi in un mese. «Sia che arrivi stentatamente a primavera, sia che duri un altro anno intero o raggiunga addirittura la fine del canonico quinquennio, questa XVI legislatura appena giunta al suo giro di boa rischia di rivelarsi come la più faticosa e povera sul piano legislativo della storia repubblicana». Il quotidiano dei vescovi Avvenire lancia oggi l’allarme sul bilancio «desolatamente deficitario» dell’attività del Parlamento, con un editoriale di Gianfranco Marcelli titolato «Povero Parlamento» e un articolo a pagina 11: «Camere avanti piano e (quasi) senza iniziativa». Uno stop più volte segnalato dalle pagine del Sole 24 Ore. Nei giorni scorsi Avvenire, come l’Osservatore romano, avevano criticato l’ironia del premier.
Per Marcelli corridoi e aule «appaiono per lo più semideserti, l’attività delle commissioni procede con il contagocce e le votazioni in assemblea si concentrano in poche sbrigative sedute». Fra le cause «incide molto, non ci stancheremo mai di ripeterlo, una composizione delle aule elaborata a tavolino da ristretti vertici di partito: logica e nefasta conseguenza di una cattiva legge elettorale, tra i cui frutti ci tocca oggi gustare quelli particolarmente indigesti di una qualità legislativa dubbia, ma anche di una quantità drammaticamente insufficiente«.
Illustrando il record negativo del Parlamento il quotidiano dei vescovi ricorda nella legislatura sono state approvate 189 leggi, l’83% delle quali di provenienza governativa (156 leggi). Solo il 15% sono leggi parlamentari (30 in tutto) e tre di iniziativa mista. Le leggi di iniziativa parlamentare, poi, impiegano 263 giorni per essere approvate, mentre quelle governative 99 giorni.
Al di là dei «colpi di maglio» che sta subendo la «il tuttora ineccepibile principio della «centralità del Parlamento”», l’auspicio di Avvenire è che «senatori e deputati, qualunque sia il tempo loro rimasto, assecondati da vertici il meno dediti possibile a guerre di posizione e a giochi di prestigio, cerchino uno scatto di reni e di orgoglio di recuperare parte del tempo perduto e della consapevolezza del ruolo perduti».
fonte: ilsole24ore.com
4 novembre 2010