L’ex vicepresidente del Pd della Regione Puglia, Sandro Frisullo, l’imprenditore Gianpaolo Tarantini e altri due imputati costituirono e presero parte ad un’associazione per delinquere ma “Gianpi” non pagò tangenti a Frisullo per essere favorito nell’aggiudicazione di due appalti da 370 mila euro presso la Asl di Lecce.
Emerge questo dal dispositivo della sentenza con la quale il gup di Bari Alessandra Piliego, il giorno della vigilia di Natale, ha condannato con rito abbreviato Frisullo a due anni e otto mesi di reclusione e Gianpi a quattro anni e tre mesi. Una pena pesante quella inflitta a Tarantini, riconosciuto colpevole degli stessi reati contestati a Fri-sullo (associazione per delinquere, turbativa d’asta e abuso d’ufficio) ma condannato ad una pena assai più alta. La differenza si basa sul riconoscimento delle attenuanti generiche: concesse a Frisullo ma non a Tarantini, che ha collaborato alle indagini della procura di Bari ed è il grande accusatore dell’ex numero due della giunta regionale pugliese guidata da Nichi Vendola. Fatto questo che ha creato malumore nella difesa dell’imprenditore barese. «E inusuale nell’esperienza giudiziaria, anche in processi per reati di mafia – afferma il difensore di Gianpi, aw. Nicola Quaranta – che non vengano riconosciute le attenuanti generiche a chi ha rilasciato spontaneamente dichiarazioni con le quali ha accusato se stesso ed altri, soprattutto se l’impianto accusatorio è stato riconosciuto. Di solito a chi collabora vengono riconosciute le attenuanti generiche, che sono il premio per la collaborazione alle indagini». Ma il dispositivo, tra gli addetti ai lavori, viene letto in modo diverso: Tarantini è stato ritenuto non pienamente credibile e per questo non gli è stato riconosciuto il “premio” della collaborazione, quindi gli è stata inflitta una pena pesante.
Il Tirreno – 27 dicembre 2012